Pubblichiamo il terzo di quattro saggi che completano online il nuovo numero di MicroMega sulla scuola in edicola e su iPad: "Come insegnare Leopardi" di D. Romagnoli, P. Trama e M. L. Vanorio,
"Come insegnare Dante" di G. Accardo e "Per un'educazione libertaria" di F. Codello (8 settembre).È possibile appassionare gli studenti all'opera del Manzoni e alla lettura dei "Promessi Sposi"? Sì, ma per farlo bisogna rinunciare ad appesantire e “snaturare” il rapporto dei ragazzi con l'opera, favorendo il loro incontro diretto con quell'attività piacevole e “utile” alla vita di ognuno che è la lettura.
di Giovanni PettaÈ davvero l'uovo di Colombo: per fare in modo che gli studenti del nuovo millennio si appassionino alla lettura de
I promessi sposi basta leggere il libro con loro. Senza rimanere nel pantano delle biografie e del contesto storico, senza pagine di critica o percorsi tematici che tengano insieme contemporaneità e personaggi del Seicento, ma andando direttamente sul romanzo, senza alcuna mediazione.
Da più di dieci anni, dall'arrivo del nuovo millennio, il docente di Italiano, di un liceo qualsiasi del territorio italiano, sperimenta questa tecnica con successo e aggiunge ogni anno al suo piccolo progetto un po' più di sicurezza e, dunque, di efficacia.
L'insegnante incontra
I promessi sposi nel programma del primo biennio. Ritroverà Manzoni, poi, nelle pagine del manuale di letteratura del quarto anno. Alle sue classi seconde propone la lettura integrale dell'opera da concludere nelle prime settimane, fra settembre e ottobre, in modo che ci sia continuità e, dunque, maggiore interesse a seguire lo svolgersi della vicenda. Per tale compito, il docente decide di impiegare tutte e quattro le ore settimanali di insegnamento dell'Italiano, preferendo tale procedimento all'“ora settimanale di
Promessi Sposi”. Rimanda ai periodi successivi lo svolgimento degli altri argomenti in programma (grammatica, analisi del testo in prosa e del testo poetico ecc.).
L'insegnante conosce i dati. Sa che parte da numeri scoraggianti. Il cinquanta per cento degli italiani non legge un libro all'anno. Il cinquanta per cento dei ragazzi tra i sei e i diciannove anni non legge neanche un libro eccetto quelli scolastici. Si parte da qui, con la convinzione che riuscire a motivare una quindicina di ragazzi (le classi sono in genere di ventisei-ventisette studenti) alla lettura di un libro –
I promessi sposi, in questo caso – sarà già un ottimo risultato.
Nelle nuove indicazioni ministeriali dei Licei, tra l'altro, si legge che “lo studente leggerà
I promessi sposi di Manzoni, quale opera che somma la qualità artistica, il contributo decisivo alla formazione dell'italiano moderno, l'esemplarità realizzativa della forma-romanzo, l'ampiezza e la varietà di temi e di prospettive sul mondo”. Ognuna delle caratteristiche riportate andrà dunque evidenziata in qualche modo ma la lettura dell'opera, piuttosto che degli scritti sull'opera, dovrà essere perseguita tenuto conto della centralità della lettura – come momento di interpretazione dei testi fatta, senza filtri e in modo del tutto personale, dallo studente – e di conseguenza della classe come comunità attiva, nucleo denso di interrelazioni umanamente necessarie e confronti culturalmente interessanti.
I ragazzi che arrivano dalle scuole medie conoscono già Manzoni. Hanno letto dell'Innominato e di Gertrude, di Don Abbondio e Fra Cristofaro nelle loro antologie. A loro va ora “somministrata” la lettura integrale del romanzo. È vero che i “romanzi nel romanzo” de
I promessi sposi danno la possibilità di frammentare la narrazione e di proporla come avvincente anche se episodica; tuttavia, la lettura dell'intera storia consente di cogliere ciò che deve essere colto e di assorbire ciò che va assorbito e che viene sintetizzato nelle indicazioni ministeriali già riportate.
L'insegnante del liceo conosce i problemi e la bellezza dell'età dei suoi studenti. Sa che sono “difficili”. Più “difficili” negli ultimi anni, da quando hanno avuto accesso a tecnologie importanti e forse per questo sembrano disinteressati, almeno apparentemente, al “succo della storia” o della vita. Spesso, di fronte alle reazioni dei giovani viene voglia di arrendersi, di buttare la spugna e sperare nel miracolo. Molti docenti potrebbero raccontare (per averle vissute in viaggio d'istruzione, durante un evento importante della scuola, nel corso di una lezione) esperienze di osservazione di un assoluto disinteresse alle cose reali da parte di studenti concentrati sui loro congegni elettronici, completamente catturati da un mondo fatto di livelli virtuali da superare o anche solo da una navigazione disordinata in rete.
L'insegnante conosce tale condizione e non vuole arrendersi. Sa, infatti, che il suo lavoro può rivelarsi importantissimo per qualcuno dei suoi studenti. Perché i ragazzi hanno bisogno di punti di riferimento diversi dai genitori e, spesso, un insegnante che apre un mondo nuovo e affascinante potrebbe rivelarsi determinante per la formazione del ragazzo. Il lavoro su Manzoni, dunque, potrebbe significare l'instaurarsi di un meccanismo (l'amore per la lettura) dalle conseguenze molto positive. Per far questo c'è bisogno che il ragazzo capisca che la lettura è utile, è un piacere, fa bene. Se ciò accadesse per tutti i suoi studenti o per una buona parte, anche solo per uno di loro, l'insegnante sarebbe soddisfatto e gratificato.
Prova così a puntare sul fatto che la lettura possa interessare per la sua utilità, prima che la pura Bellezza venga percepita e amata. L'obiettivo è quello di far passare il concetto che il Romanzo, o più in generale la Letteratura, alla stregua della Fisica, della Chimica e della Matematica, permetterà all'ingegnere, al medico, all'avvocato di domani di penetrare e comprendere meglio il mondo. La letteratura vuole conoscere l'esperienza umana. I grandi scrittori ci insegnano sulla condizione umana quanto i più grandi scienziati e la condizione umana non può essere compresa solo per mezzo delle equazioni matematiche. Nessun teorema di fisica o formula chimica potrà spiegare il dolore di un abbandono o la gioia di un amore ricambiato. E i giovani che si avvicinano alla letteratura non devono diventare critici letterari ma conoscere meglio il mondo e gli esseri umani. Manzoni offre un catalogo infinito di “osservazioni-equazioni” di questo tipo: gli obiettivi dell'uomo, il dolore, la malattia, l'amore, il potere. Entra – con strumenti diagnostici superiori a qualsiasi radiografia, Tac o risonanza magnetica – dentro gli uomini, e dentro i gruppi di uomini, e descrive ciò che accade.
La conoscenza della condizione umana non è necessaria solo allo psicologo o al sociologo. Ogni attività dell'uomo ha bisogno dei dati essenziali relativi ai comportamenti e ai sentimenti umani. Persino quelle più tecniche e pratiche dell'ingegneria o della medicina. Persino quelle, nate da poco, della chirurgia estetica o della programmazione di applicazioni per telefonini. Si pensi a quanto può giovare a figure professionali di questo tipo la lettura di grandi romanzi che fotografano le anime e le relazioni tra persone diverse come fa in maniera altissima l'opera di Manzoni. Agli studenti va sottolineata proprio questo tipo di utilità dell'esperienza della lettura. Per la lettura, infatti, i ragazzi spendono energie e tempo. Non si può immaginare che tale impegno non comporti un tornaconto di qualsiasi genere. O che si possa investire tanto solo per un voto positivo in pagella. Se la soddisfazione concreta per una lettura compiuta non dovesse arrivare – o non dovesse arrivare almeno la certezza di una riscossione futura degli interessi su quanto investito – il libro letto sarebbe valutato negativamente.
Tutto ciò deve passare, contemporaneamente alla lettura del testo. Deve essere trasmessa allo studente la convinzione che la lettura non è un passatempo. La lettura di un romanzo non va considerata come un momento di evasione. Attraverso la lettura dei romanzi viene a crearsi una interrelazione tra il mondo reale che viviamo e quello immaginato che viene narrato. Il vivere in quello immaginato dallo scrittore, attraverso la lettura, non allontana dalla realtà ma permette, invece, di penetrarla e di comprenderla meglio. I romanzi sono un vero e proprio strumento di conoscenza.
Il docente legge agli studenti l'introduzione e il primo capitolo de
I promessi sposi già il primo giorno in cui entra in classe, a settembre, all'inaugurazione dell'anno scolastico. Evita le presentazioni e i racconti delle vacanze. Legge ad alta voce, anche se gli studenti non hanno portato a scuola il loro libro. La prima parte in lingua secentesca provoca una forte sorpresa. L'impossibilità di capire a fondo genera qualche mormorio, qualche sorrisetto, qualche domanda. Poi, quando Manzoni torna ad esprimersi in modo più comprensibile, quando decide di tradurre in un Italiano dell'Ottocento il manoscritto ritrovato, l'ascolto si fa sereno, l'attenzione sale e la classe si abbandona all'ascolto di una storia che conosce già superficialmente ma che ora si fa più vicina nella lettura ad alta voce. La lettura ad alta voce e l'ascolto di letture è un modo per condividere emozioni e per far incontrare le esperienze personali con quelle dei protagonisti delle vicende narrate e con quelle – ciò in maniera sottesa e silenziosa – di chi ci sta accanto e ascolta con noi. Il docente termina la sua lezione assegnando la lettura del secondo capitolo per l'incontro successivo.
Gli studenti rimangono sorpresi. Non si aspettavano di “lavorare” già dal primo giorno di scuola. Comunque non ci sono esercizi da svolgere, pagine da riassumere o da analizzare. Si deve soltanto leggere. Si può fare! Anche se quarantacinque-sessanta minuti di lettura spaventano un po' e sarebbe meglio una sintesi. Ma il prof vuole che si legga tutto, anche ciò che sembra incomprensibile.
L'insegnante sa bene che l'ascolto del primo capitolo è cosa diversa dalla lettura individuale del secondo che gli studenti faranno a casa. Ma spera che i suoi ragazzi tengano duro fino alla prossima lezione in cui sarà di nuovo lui a leggere ad alta voce il terzo.
Quando nelle case degli italiani c'era una televisione che al massimo proponeva i programmi di due canali e il palinsesto copriva una fascia oraria molto ridotta, quando sulle mensole del soggiorno degli italiani c'era a malapena un'enciclopedia Treccani, l'insegnante entrava nelle classi e raccontava storie incredibili, inaudite, sorprendenti. Gli studenti spesso rimanevano a bocca aperta, volevano sapere di Ulisse e di Enea, di Renzo e di Lucia, delle vite di personaggi minori di romanzi minori. Persino il rimando a mondi esotici, le ambientazioni di mondi lontani, producevano nella mente degli studenti un tentativo di organizzare immagini che potessero disegnare ciò che si raccontava. Le immagini “possedute” dagli studenti degli anni Settanta erano pochissime rispetto alle immagini passate davanti agli occhi e sistemate nella memoria, in modo consapevole o inconsapevole, di un quindicenne del 2014. Insomma, una buona narrazione, da parte del docente, creava aspettative e interesse anche perché costruiva immagini nuove nella fantasia dei giovani.
Ora che nei telefonini dei ragazzi c'è tutto ciò che si vuole, l'insegnante arranca e fatica a “spettacolarizzare” la sua lezione, è in difficoltà a tenere il ritmo e ad essere veloce quanto un collegamento a internet.
Proverà a fare anche tutto questo, certo. Ma, non essendo Benigni, si accontenterà di far risuonare la lingua manzoniana e di evidenziare l'importanza della punteggiatura, di dare voce all'armonia della sintassi e di facilitare la comprensione dei termini più desueti con la giusta intonazione. E, sorprendentemente, tutto questo basta. Basta mettere Manzoni accanto ai ragazzi, senza mediatori.
La lettura ad alta voce permette l'accesso ai contenuti senza che ci sia l'ostacolo tecnico della comprensione dei segni scritti. Evita le difficoltà che spesso allontanano dal seguire il racconto di una storia. La lettura fatta da altri permette, tramite l'ascolto, di fruire di un piacere prima non raggiungibile.
L'insegnante propone un patto agli studenti: non faremo esercizi, non faremo riassunti o schemi dei personaggi. Voi però leggete i capitoli pari a casa e io vi leggerò quelli dispari in classe. Vedrete che sarà una bella esperienza.
Poi, va alla ricerca, continuamente, di un sostegno al suo modo di lavorare negli scritti degli specialisti e persino dei poeti e degli scrittori. Molti ribadiscono che non serve più puntare sulla vita e sul contesto. È come insegnare la Chimica o la Fisica senza mai entrare in un laboratorio. Dicono che bisogna leggere direttamente le opere e fare dopo, solo se richiesto, se necessario, se desiderato, il lavoro di analisi guidata dagli specialisti.
Nella maggior parte dei casi, la lettura di un capitolo del romanzo richiede l'intera ora di lezione. Non c'è spazio, dunque, per altro. In genere, l'orario settimanale prevede che le quattro ore di Italiano siano distribuite in tre giorni diversi. Uno degli incontri, dunque, è di due ore e c'è tempo per rallentare un po'. In quel caso, l'insegnante legge un capitolo e utilizza l'altra ora per conoscere gli studenti (se non sono stati già suoi studenti nel corso del primo anno), per esplicitare alcune difficoltà del testo, per “sentire”, senza valutare con griglie e parametri scientifici, il livello di comprensione di quanto si sta leggendo, per rilevare il gradimento degli studenti; per fare della classe una comunità ermeneutica e per trovare altri punti di interesse che spingano gli studenti a non abbandonare il percorso iniziato il primo giorno del nuovo anno scolastico.
È a questo punto che arrivano gli approfondimenti. Sono approfondimenti richiesti e non imposti e, proprio per questo, maggiormente efficaci: perché a Milano c'erano gli Spagnoli? Come mai Venezia era una repubblica? Dov'è l'Adda? Perché era un confine? Nel 1861 Manzoni era ancora in vita? È stato un eroe del Risorgimento? Perché critica la Chiesa pur essendo credente? Perché mette insieme elementi reali e storie inventate? La monaca di Monza e Fra Cristofaro sono realmente vissuti? Ancora oggi si possono “interpretare” a proprio piacimento le leggi come fa l'Azzeccagarbugli? Perché all'interno della Chiesa ci sono personaggi così diversi? E, ancora, tutta una serie di altri interrogativi – in campi diversissimi – che danno lo spunto per l'inizio di piccole ricerche di gruppo o solo il motivo per la soddisfazione di curiosità personali e rivelano al docente le differenze tra studenti e i campi di interesse di ognuno di loro.
Lavorando in tal modo, leggendo cioè un capitolo in classe e uno a casa, si arriva alla fine del sesto capitolo già dopo la prima settimana di scuola e alla fine del libro dopo sette o otto settimane, proprio nel momento opportuno per la prima verifica scritta dell'anno scolastico. Il compito di fine ottobre, dunque, sarà sicuramente su
I promessi Sposi e la tipologia potrà essere varia: saggio breve, tema, articolo di giornale, analisi del testo. Il docente può addirittura preparare una prova molto simile a quella che il Ministero propone per l'Esame di Stato, qualora la classe conosca già tutte e quattro le tipologie.
Da qualche anno, supportato dai risultati dei vari esperimenti, il docente propone quattro tracce diverse e una solo tipologia, quella del tema. Sembra essere la migliore. Nella redazione delle tracce da proporre, si tiene conto della necessità di stimolare lo studente alla esposizione della propria esperienza di lettura così che possa concludere il percorso sull'opera manzoniana con una riflessione personale oltre che con la dimostrazione di un lavoro effettivamente svolto e del possesso di una capacità di comprensione adeguata.
I risultati gratificano. I compiti contengono spesso il riconoscimento (da rilevare tra le righe oppure apertamente dichiarato) della piacevolezza dell'esperienza fatta e dal desiderio rinnovato di leggere ancora. Accade anche che la riuscita dell'esperimento si colga nelle domande che vengono poste e nelle discussioni che si aprono sull'argomento, spesso in modo rocambolesco, nei momenti più diversi: ricreazione, lettura dei quotidiani, uscite didattiche. Accade che ciò che normalmente le guide alla lettura propongono per affascinare lo studente – per esempio l'accostamento di personaggi e situazioni del romanzo a vicende e uomini della contemporaneità – venga fatto spontaneamente dagli stessi studenti. Così il pentimento del boss camorrista viene messo a confronto con la conversione dell'Innominato, gli “avvicinamenti” dei politici alle minorenni viene ironicamente messo in relazione con il tentativo di Don Rodrigo di avere Lucia, il comportamento dei propri genitori nel momento della scelta della scuola superiore viene osservato diversamente dopo aver letto del padre di Gertrude.
Alla fine del percorso, il docente propone un questionario (anonimo, così che lo studente possa rispondere sicuro di non essere individuato). Da tale rilevazione (ormai importante perché più che decennale e forte di un campione di circa quattrocento studenti) risulta che il 70% circa ha letto tutti i capitoli del romanzo; il 18% ha faticato un po' e per stare al passo ha letto in sintesi 7-8 capitoli ma tutto il resto integralmente; il 12% ha letto circa le metà del romanzo nelle sintesi di fine capitolo e il resto lo ha letto direttamente dalle pagine scritte da Manzoni.
Il docente – che vuole che le sue sperimentazioni siano sostenute da qualche dato scientifico o, almeno, da qualche numero positivo – trova in ciò un po' di conforto, si sente un po' più sicuro, spera di aver creato qualche lettore in più.
(7 settembre 2014)