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CONCERTI


La festa dorata dell'anima

5 novembre 2007




 


Lunedì 5 novembre 2007
ore 18:00
Auditorio Itis Mattei - Isernia

La festa dorata dell'anima
Sonate a due clavicembali
di Domenico Scarlatti

Silvia Rambaldi e Andreina Di Girolamo
ai clavicembali

Rita Marchesini
danzatrice
_________________

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Programma

Sonata in Mi minore K 81
(Grave – Allegro – Grave – Allegro)

Sonata in Sol maggiore K 91
(Grave – Allegro – Grave – Allegro)

Sonata in Do minore K 73
(Allegro – Minuetto I – Minuetto II)

Sonata in Sol minore K 88
(Grave – Andante moderato – Allegro - Minuet)

Sonata in Re minore K 89
(Allegro – Grave – Allegro)

Sonate in Sol maggiore K 79 - 80
(Allegrissimo – Minuetto)

Sonata in Re minore K 90
(Grave – Allegro – [Amoroso] – Allegro)


Presentazione a cura di Piera Di Marzio



Rassegna stampa

Altromolise
Il Tempo - 8 novembre
PrimoPiano - 7 novembre

 

 

 




Fra le 555 sonate attribuite con certezza a Domenico Scarlatti alcune, nei manoscritti che le hanno tramandate, presentano bassi cifrati: sono sonate per strumento solista (violino o mandolino) ed accompagnamento. L’idea di realizzarne una lettura a due cembali in cui i due strumenti, oltre ad eseguire tutto ciò che l’autore scrive, concertano improvvisando diminuzioni e fioriture ed «armonizzano» realizzando il basso continuo secondo la prassi esecutiva del tempo, nasce da varie suggestioni, prima fra tutte quella della pratica della trascrizione, l’uso di adattare una composizione ad uno o più strumenti differenti da quelli per i quali essa era stata originariamente concepita.
La trascrizione di musica vocale o di danza per strumenti a tastiera ha origine nel ‘300 e segna la nascita del repertorio clavicembalistico; nel 1700 ha finalità divulgative, pratiche e commerciali, soddisfa esigenze scolastico-didattiche e ricreative. Professionisti, scolari, amatori e dilettanti la praticavano in tutti i paesi europei. In Francia D’Anglebert trascrisse opere di Lully e Rameau trascrisse se stesso; François Couperin nel 1725, nella prefazione al Concert instrumental sous le titre d’Apothéose composé à la memoire immortelle de l’incomparable Monsieur de Lully, dice: «Questo Trio […] si può eseguire a due clavicembali […]. Io lo eseguo nella mia famiglia e con i miei allievi, con una riuscita molto felice; vale a dire noi suoniamo la parte superiore e quella di basso su uno dei clavicembali; la parte intermedia, con lo stesso basso, sull’altro strumento all’unisono. Due spinette all’unisono (con effetto molto migliore se vicine l’una all’altra) possono servire allo stesso scopo». Charles Babell trascrive Lully e trasferisce questa pratica in Inghilterra. Di Haendel sono numerosissime le trascrizioni proprie di arie per ogni tipo di strumento. In Germania, Walther trascrisse per organo diversi concerti di Albinoni e Torelli e lo stesso fece Bach che, nelle sue trascrizioni per clavicembalo e organo dei concerti di Vivaldi, dà un saggio della sua genialità di compositore arricchendo contrappuntisticamente il modello vivaldiano ed aggiungendo ornamentazioni. Alcune sonate di Domenico Scarlatti furono trascritte per orchestra d’archi e basso continuo (Charles Avison, Concerti in sette parti, Londra, 1744). E’ significativo che fra gli arrangiamenti di Avison compaiano anche brani tratti dalle sonate K 81, 88, 89, 90, oggi in programma.

Il fatto che nel 1700 fosse in uso la pratica di eseguire con uno o, meglio, due cembali le sonate per strumento solista e basso continuo e i quartetti per archi, sembra legittimare un’esecuzione a due cembali delle sonate di Scarlatti. Tale pratica è documentata da una chiara indicazione data nel frontespizio dei XII Solos di Francesco Mancini («Which Solos are Proper Lessons for the Harpsichord»), dai Divertimenti da camera per violino o flauto di Giovanni Bononcini, tradotti per il cembalo nel 1722 e dai Sei Quartetti di Luigi Boccherini trascritti per due clavicembali.

L’intuizione di Ralph Kirkpatrick, noto studioso scarlattiano, che individua nel basso continuo la matrice stilistica dell’arte per tastiera di Scarlatti, ci illumina riguardo alla maniera di realizzare le sonate per due cembali, vale a dire nello stile elegante, maestoso e di straordinaria ricchezza armonica che affonda le sue radici nell’opera di Arcangelo Corelli, di Bernardo Pasquini (Sonate per due bassi continui) e del padre di Domenico, Alessandro, esposto ne L’armonico pratico al cimbalo di Francesco Gasparini (maestro a Venezia del giovane Scarlatti).

Altri spunti di riflessione e suggerimenti sono venuti dallo studio dei Seis Conciertos para dos organos del Padre Antonio Soler, uno dei più illustri allievi di Scarlatti, che hanno fatto pensare ad esecuzioni private di “scherzi ingegnosi dell’arte” tra maestro e discepolo, derivati dall’abilità di improvvisare che certo era coltivata alla scuola di Domenico.

Nella realizzazione, accanto agli accompagnamenti richiesti dalla numerica del basso continuo, trovano vita elementi originali tratti da disegni caratteristici presenti nel corpus delle sonate: arpeggi, scale, imitazioni, movimenti contrappuntistici, ma anche ritmi contrastanti ed effetti percussivi. Il primo cembalo spesso raddoppia con la mano sinistra il basso, per conferire maestosità all’esecuzione. Nella fuga della sonata K 88 il primo cembalo esegue le parti di soprano e basso ed il secondo quelle di contralto e tenore e, calandosi con la fantasia in un’esecuzione alla corte di Spagna di alcune di queste sonate giovanili, negli allegri finali delle Sonate K 89 e K 90 sono stati utilizzati passaggi scritti ad imitazione della chitarra spagnola, strumento di cui Scarlatti sentì intensamente il fascino.

L’influenza della musica popolare spagnola, che permea il mondo sonoro scarlattiano, viene messa in evidenza dagli interventi della danzatrice che alterna momenti di danza barocca in stile spagnolo a momenti di danza popolare: una forma embrionale di flamenco. Il celebre ballo nasce infatti proprio nel 1700 per poi evolversi ed assumere i connotati caratteristici del flamenco moderno a tutt’oggi considerato il ballo simbolo della Spagna. L’inserimento della danza nel concerto è un lavoro di invenzione suggerito dalle sonorità della musica stessa e dalle parole di Kirkpatrick «non è affatto difficile immaginare Domenico Scarlatti a passeggio sotto i colonnati moreschi dell’Alcazar o intento a prestare orecchio, di sera, nelle strade di Siviglia ai ritmi inebrianti delle castagnette o alle melodie semiorientali del canto andaluso» e «non c’è nessun aspetto della vita, della danza e della musica popolare spagnola, che non abbia trovato collocazione nel microcosmo che Scarlatti creò nelle sue Sonate. Egli ha captato lo schiocco delle castagnette, lo strimpellio delle chitarre, il rumore sordo dei tamburi smorzati, il gemito roco e amaro del lamento zingaresco, la gaiezza prorompente della banda del villaggio, e soprattutto le rigide tensioni della danza spagnola».

Silvia Rambaldi


 

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