“Mo’ z’ sposa Celestrine” all’Auditorium di Isernia
di Giovanni Petta
Ancora un successo per l'associazione
culturale L'Aretè che ha messo in scena “Mo z’ sposa Celesctrine”
all’Auditorium Unità d’Italia di Isernia. Pubblico attento e desideroso di
ritrovare le proprie radici nelle battute dei personaggi di una commedia che
Sabino d’Acunto scrisse nell’immediato dopoguerra.
Carmelina Di Florio, Annamaria Iannone, Giampaolo D'Uva, Gianluca Baccaro,
Angelo Di Gneo, Salvatore Rossi, Nicola Ciarlante, Raffaele D'Angelo, Marisa
D'Onofrio, Alessandro Passarelli, Luciano Ricchiuti sono stati gli interpreti
di un testo teatrale importantissimo perché fotografa la realtà isernina in un
momento di grave crisi economica e di forte debolezza psicologica.
Sabino d’Acunto – dice il regista e attore Giampaolo D’uva – “voleva
risollevare, ristorare e confortare un paese malmenato e stanco, piegato e
povero; noi, cosmopoliti disincantati del terzo millennio sorridiamo oggi alla
sua parola fatta scena, ma non possiamo non condividere l'aspirazione, la
speranza che il grido disperato del giovane Eliseo («Sernia ara resorie,
l'avémma fa' nòva, l'avémma fa' cchiù bella!) si traduca nell'impegno e nella
volontà di riscatto per chi oggi stenta a trovare una progettualità personale e
collettiva”.
Bravi gli interpreti e bravo anche il fisarmonicista Luigi Crudele che, nei
cambi di scena, ha voluto proporre alcune canzoni della tradizione isernina. La
realizzazione scenica di Antonella Gentile si è avvalsa di un progetto di
Filippo Senerchia. Pino Covelli ha curato le luci e Claudio Costa l’audio.
La commedia era già stata rappresentata nel 1945 presso il teatro sociale
di Isernia. Sabino d’Acunto l’aveva fatta rappresentare in Italiano a Cuneo, avvalendosi
dei suoi soldati quando era ufficiale dell’esercito. Nel 1976, con Enzo Della
Corte e Filippo Senerchia, Giampaolo D’Uva ne curò la messa in scena presso la
sala parrocchiale del Sacro Cuore con diciassette repliche in due mesi e un
pienone al Teatro Fasano nel settembre dello stesso anno. Nel 2008 con la
stessa commedia l'Aretè ha partecipato a varie rassegne teatrali al Savoia di
Campobasso, al teatro Fenaroli di Lanciano e all'anfiteatro di Bonefro.
“La nuova messa in scena – dice ancora D’Uva - rispetta l'obiettivo
principe dell'Aretè: coniugare ricerca e divertimento, riflessione e sorriso.
La scelta linguistica del dialetto consente una comunicazione ottimale poiché
abbatte il divario generazionale e crea una pista unica dove passato e presente
si fondono in una visione dalle comuni radici”.
15 giugno 2015
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