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ISIS MAJORANA-FASCITELLI - ISERNIA LETTURE EFFERVESCENTI 2016-2017 |
LETTURE EFFERVESCENTI 2016-2017 Docenti
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31 marzo 2001 Mogol incontra gli studenti del Liceo Scientifico Majorana L’abbraccio dei giovani
dopo tre ore di dibattito sul senso del rispetto IL TEMPO, Edizione nazionale ISERNIA - «Mi piacerebbe che, nella scuola italiana, tra le varie materie proposte agli studenti, fosse presto introdotto anche l’insegnamento della vita. Sarebbe una sorta di osservazione attenta dell’umanità, nelle sue mille sfaccettature. Io lo faccio già da anni al Cet, la mia scuola». Così dice Mogol al termine di un incontro con gli studenti del liceo scientifico «Ettore Majorana» di Isernia. Evento che si è chiuso con un successo: simpatia, stima e affetto che gli oltre quattrocento ragazzi presenti hanno tributato al «maestro delle parole in musica». Emozionato anche il preside Brunetti che ha voluto - lo dice lui stesso - «far incontrare la sensibilità umanissima e matura di Mogol con quella in formazione e altrettanto splendida degli alunni». Tre ore dedicate a concetti densi e appasionanti proposti ai ragazzi che, a loro volta, sono rimasti attenti e affascinati da quelle parole che toccavano il cuore, emozionavano e, nello stesso tempo, stimolavano la riflessione, sollecitavano un atteggiamento dialettico. Nella prima parte dell’incontro Mogol ha voluto sottolineare l’importanza dell’impegno individuale nella costruzione di un ambiente in cui vivere tanto decentemente quanto richiede il rispetto della propria umanità. «Siamo noi gli artefici della nostra vita - ha detto con ferma convinzione -. Il mondo intorno a noi non è dei più belli ma non possiamo continuare a lamentarci soltanto. È tempo di costruire la vostra vita. E che sia gioiosa, che non abbia il denaro come unico obiettivo. Costruiamo un microcosmo che ci soddisfi umanamente. Solo così, partendo dalla dimensione personale, possiamo avere qualche speranza di cambiare il mondo». Nella seconda parte, spazio alle domande dei ragazzi. «Come si fa a sfondare nel mondo della musica leggera?» è la domanda di alcuni giovani musicisti. «Oggi è difficilissimo - risponde Mogol -. La politica suicida dei discografici ha fatto sì che per lanciare un singolo in questo periodo occorra una promozione da quattrocento milioni. Capite bene che è sempre più difficile trovare qualcuno che punti mezzo miliardo su un giovane. Tuttavia chi ha la stoffa verrà fuori. Soprattutto se scrive e canta perché si diverte e non per vendere un prodotto». «Ma lei pensa davvero che si possa imparare a vivere?» chiede provocatoriamente una ragazza. «Ne sono sicuro. Così come si può insegnare l’arte. Maupassant fu allievo di Flaubert, Leonardo del Verrocchio. L’evoluzione dell’umanità e il nostro miglioramento passano per l’esperienza che si tramanda, di generazione in generazione, geneticamente e con l’esempio. L’insegnamento, però, prescinde dalle parole. I bambini e anche i giovani apprendono l’essenza dei genitori e degli insegnanti, non le loro parole. L’essenza e appunto nell’essere , nel comportamento degli uomini, non nei suoni che escono dalla loro bocca». E proprio qui, probabilmente, la forza di Giulio Rapetti Mogol: il suo essere ciò che scrive e dice, la coincidenza del suo vissuto con quanto ha scritto e continua a scrivere. I ragazzi sentono tutto ciò e rimangono lì a pendere dalle sue labbra, quasi per una sorta di rispetto a una coerenza tanto rara. Qualcuno chiede di Battisti e di “Arcobaleno”, la canzone dettata da «un mondo parallelo». «Sono un milanese - dice Mogol - e per questo fondamentalmente pragmatico. Non credo alle cose che non abbiano una razionalità di fondo. Però sono anche consapevole del fatto che l’ignoto è quantitativamente più grande del noto. Nella storia di “Arcobaleno” ci sono venti coincidenze unite da un filo logico. Ecco perché credo davvero che quella canzone mi sia stata dettata da Lucio». I ragazzi continuano a bersagliarlo di domande e lui risponde sempre con maggiore efficacia e lucidità. «Nella definizione di Uomo perfetto c’è l’imperfezione. Ecco perché un uomo senza imperfezioni non è un uomo perfetto. Così è per la scienza. Voi che siete alunni di un liceo scientifico, sappiate che una scienza che pensa di essere perfetta è una sciocchezza. Lo hanno dimostrato Galilei e Einstein». Poi saluta e abbraccia tutti, in un bagno di folla festoso, tra ragazzi e docenti carichi di nuovo entusiasmo, una forza regalata da questo testimone di un nuovo umanesimo del terzo millennio. _____________ L'articolo di Giovanni Petta fu pubblicato nell'edizione nazionale de "Il Tempo". |
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