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«Inconsueta forma»
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La II A del liceo classico
in visita alla mostra di
FERNANDO BATTISTA

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Fernando Battista
Isis Majorana Fascitelli - Spazio Arte Petrecca - Fernando Battista

Grazie a Carmen D'Antonino e a Gennaro Petrecca per la splendida accoglienza e l'interessantissima introduzione alla mostra
Carmen D'Antonino - Gennaro Petrecca
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Isis Majorana Fascitelli - Spazio Arte Petrecca - Fernando Battista

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Isis Majorana Fascitelli - Spazio Arte Petrecca - Fernando Battista
 
FERNANDO BATTISTA

Nato a Isernia nel 1941, compie gli studi artistici all'Accademia di Belle Arti di Napoli, Espone già, giovanissimo, nel 1956, a Roma

Nel 1962 si trasferisce in Puglia per insegnare all'Istituto d'Arte di Corato. Nel 1964, partecipa alla Biennale d'Arte di Bari. Nel 1967, torna a Iserna per insegnare all'Istituto d'Arte. Rimane nella sua città fino al 1970. quando viene chiamato a insegnare al Liceo Artistico di Cassino.

Nel 1972 tiene una personale alla galleria "Il Fante di Fiori" di Bari.  Nel 1975 è invitato alla X Quadriennale d'arte di Roma. È di questo periodo la conoscenza e la frequentazione di Renato Guttuso.

Nel 1977 partecipa al VI Premio Nazionale Accademia Pontano di Napoli e nel 1983 dipinge il ciclo autobiografico "L'uccello aveva ragione". Partecipa all'Expo Arte Bari.
 

Renato Guttuso - Fernando Battista


Del 1989 è la personale alla galleria "Emilarte" di firenze e nel 1990 presso la galleria "Arte '90" di Isernia.


Tra il 1991 e il 1994 si segnalano personali alla galleria "Renzo Spagnoli" di Firenze e presso la sede universitaria di Isernia.

È di questo periodo un mutamento dello stile: Battista diventa informale e astratto, quasi ermetico nella definizione delle forme.

L'ultima personale è del 2016: si intitola "Lo sguardo altrove" ed è allestita presso lo spazio Pentacromo di Cassino.

Muore nel 2018. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.

(dal catalogo della mostra)

Isis Majorana-Fascitelli - Spazio Arte Petrecca - Fernando Battista

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Isis Majorana-Fascitelli - Spazio Arte Petrecca - Fernando Battista
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Fernando Battista - L'uccello aveva ragione
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm



Manca la lancetta delle ore o quella dei minuti? Il tempo è indefinito, messo in pausa dal quadro.

Lo sguardo è assente, il corpo esanime, la pelle bianca e il volto asciutto. È sola, poiché ha perduto anche sé stessa. L’inquietudine che prova per il suo destino è talmente profonda da essere tutt'uno con la sua persona: è lei che si trasforma nell’inquietudine.

È una donna abbandonata a se stessa o una donna che abbandona se stessa?

Non è più capace di sognare perché il sogno è per lei un incubo e l’incubo la realtà. È stanca di lottare: macabri sono i magri lineamenti, rinchiusa è la sua libertà. Un messaggio lasciato… sarà ciò che resta di un’amara delusione?

Su che cosa l’uccello aveva ragione? Un essere in grado di abbandonare le disgrazie degli uomini, avrà avuto ragione a spiccare il volo? Ma lei non possiede più le ali per volare. La sua libertà è rinchiusa in una gabbia macchiata dal sangue e dalle sofferenze. Le catene provocano rabbia, che a sua volta diventa tristezza, per poi essere quella disperazione che può condurre soltanto alla follia.

Cosa succederà dopo? Ci sarà la morte? Tutto ciò che la separa dal fondersi con l’oscurità è una ringhiera. La barriera però sbiadisce e ciò che tiene la donna vincolata a una vita non voluta si scioglie pian piano. E non importa: il tempo è congelato e l’inquietudine si è rassegnata, lasciando spazio alla tranquillità di una semplice serata trascorsa fuori, sul balcone.

ISABEL        

 

 
È il 12 gennaio 1979, la donna si trova da sola sul suo terrazzino, è malata ed ha le ore contate. Il tempo scorre lentamente; i minuti sembrano ore, le ore giorni.

La libertà è la possibilità di agire in modo autonomo, senza subire costrizioni: vivere senza libertà è come morire. I tre uccelli nella gabbia sono la “privazione della libertà”: non c'è nessuno che può sentirsi più libero di chi può volare, di chi può muoversi negli spazi infiniti. Un uccello chiuso in un’uccelliera è un essere che non ha più vita.

Il blu scuro e il nero, predominanti, sono la solitudine e le insidie della vita. La solitudine è molto spesso motivo di tristezza o angoscia: si sperimenta a ogni età, da bambini come anche da anziani. Già Aristotele sosteneva che l'uomo fosse “un animale sociale” e che quindi potesse realizzarsi e raggiungere la felicità solo rapportandosi con altri individui; per questo, quando vengono a mancare i rapporti sociali ci si sente ancora più tristi.

Conoscere la solitudine e, addirittura, imparare a convivere con essa è fondamentale nella vita di ogni singolo individuo. Non c’è vita senza solitudine: “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale / e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.”, solo per fare un esempio...

Il nero è la consapevolezza di una vita senza un futuro e piena d’angoscia. Una vita che però viene rallegrata da qualcuno, o qualcosa; il bianco splendente degli occhi degli uccelli. La pelle bianca della donna, le mani consumate e il volto pallido e scarno trasmettono la sofferenza provata. Ha indosso una coperta viola: sono i problemi che la affliggono, che la avvolgono e che man mano sta cercando di esternare ed allontanare.

Nei suoi occhi si legge il tormento, la confusione; si percepisce che è stanca di vivere una vita fatta solo di dolore. La ringhiera del balcone sulla destra va man mano scomparendo, come se qualcuno le stesse aprendo le porte a un altro mondo, un mondo forse migliore.

Lì il verde acqua predomina. Le labbra rosse sono in contrasto con tutti gli altri colori e, in un certo senso, ci tengono a conservare la femminilità e la forza della protagonista del dipinto; senza di esse probabilmente la donna sembrerebbe morta, spenta. La bocca fa comprendere che lei, pur essendo consapevole del suo amaro e triste destino, ha ancora forza per combattere, per continuare a vivere e per tornare ad essere libera.

FRANCESCA          



Fernando Battista - L'uccello aveva ragione
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm



Fernando Battista - L'edicola
L'edicola, 1973
tecnica mista su compensato, 151 x 98 cm



Un uomo legge il giornale, forse cerca una notizia che lo interessa, qualcosa di specifico.

Accanto a lui un amico che fuma. Anche lui porge uno sguardo al giornale ma è meno interessato.

Il fumo della sigaretta riempie l'edicola, si mescola all'aria: diventano un'unica sostanza. I colori dei giornali e delle riviste fa venir voglia di entrare e di acquistare qualcosa, di tornare a leggere sulla carta, di abbandonare il mondo attuale, tecnologico.

I giornali riportano la cronaca e la politica dell’epoca: il golpe del 1923, la lotta partigiana, la lotta contro il fascismo e la vittoria...

Chissà cosa cercano quei due? Informazioni, persone scomparse, notizie sulla guerra. O, forse, sfogliano distrattamente le pagine senza alcun obiettivo. L'uomo con in mano il giornale, tuttavia, è confuso, turbato. Lo si vede dagli occhi. C'è un tormento di sottofondo difficile da spiegare.

MARIATERESA          


I colori sono scuri, opachi: oscurità e mistero.

Il nero in contrasto con il rosso. Forse è accaduto qualcosa nel cuore della notte.

Una nave nel mare agitato. E, poi, una linea rossa che attraversa una zona rialzata e frastagliata: lo scoglio verso cui si dirige la nave e il rosso che segnala il pericolo nascosto dal buio.

La sicurezza e il conforto è in quelle macchie bianche che rompono l'oscurità della notte.

A sinistra, il nero che è mistero, la sospensione delle cose oscure.

SIMONE          


Fernando Battista - Senza Titolo, 1991
Senza titolo, 1991
tecnica mista su supporti diversi, 44 x 61 cm



Fernando Battista, Barocco riflesso
Barocco riflesso, 1989
Olio su tela, 132 x 99 cm



Si volge verso di noi, i suoi occhi sbiaditi, le sue emozioni spente, offuscate nel volto che grida terrore. Il buio intorno fa da margine alla solitudine, dalla quale trova una via di fuga afferrando le spalle di un'altra donna.

Un fascio di luce illumina i due corpi che, come cera, vanno a fondersi in un tutt’uno. Un velo scende su di loro e, mosso dal vento, inizia a ondeggiare sui capelli raccolti.

Al di fuori di quella finestra appare tutto così strano: migliaia di individui in fila, in un loop eterno, racchiuso nella monotonia della vita.

Eppure le due donne non desideravano altro che uscire da quella stanza. Ma non potevano; ormai avevano affidato il loro destino nelle mani del tempo, lasciando che la polvere attorno a loro creasse una nuvola dalla quale non venirne più fuori.

Avevano smesso di vivere e, così come si fa con dei vecchi quadri, erano state coperte da un panno velato, nella speranza che un giorno qualcuno tornasse a esporle nella teca illuminata di un museo.

MARILISA          


Nello sguardo dei gatti c’è la diffidenza. Anche sulla tela. E, poi, angoscia.

I gatti si muovono lungo una strada oscura. Accanto, la spazzatura: le cose brutte che si incontrano e attraversano su ogni strada.

I gatti sembrano essere indifferenti alla sporcizia che producono gli uomini. Sembrano protagonisti di una vita misera e senza valore, indifferenti a tutto ma circondati dal male.

Per noi non è così: possiamo ignorare il male ma non evitarlo, possiamo fingere che non esista ma ne saremo condizionati.

Eppure, come i gatti, non facciamo niente per ripulire la strada, indifferenti alla bellezza e alla nostra stessa vita.

ANDREA          


Fernando Battista - Gatti nella notte
Gatti nella notte, 1987
Olio su tela, 197 x 197 cm



Fernado Battista - L'uccello aveva ragione
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm



Che solitudine!

Una donna è accasciata su una sedia a dondolo ed è immersa nei suoi pensieri.

Che tristezza in quello sguardo! Paura dell'abbandono? Paura di rimanere soli? Paura di non riuscire ad avere un legame affettivo?

Sento il disagio di questa donna... la sua preoccupazione.

Gli uccelli in una gabbia possono solo immaginare la libertà, un sogno nel cassetto che non potrà mai avverarsi.

Senza famiglia una donna soffre, è addolorata. La sua vita è cupa, triste, piena di ansie.

Avverto la tristezza del suo animo. Il suo sguardo è perso, confuso. Sarà stanca di lottare?

Il pensiero di essere una nullità predomina nella sua mente e il sapore di una sconfitta interiore rende la sua vita ancora più inquieta.

Il tempo passa: la sveglia e il calendario sanno di desolazione.

Il rosso e il bianco nel blu e nell'azzurro: forse la speranza di un'emozione, una gioia che attenui le continue disgrazie.

ILENIA          



La morte uccide l'anima e l'anima si disgrega cadendo nell'oblio. La memoria scompare dando posto al nulla, al vuoto.

L'uomo si dispera nel cercare la luce, per liberarsi dalla disperazione, per fuggire dalla fine della sua gloria.

L'insieme infinito della disgregazione delle molecole delle anime risucchia la vitalità e fa annegare i ricordi nel mare più spietato, la fine. L'oblio è la fine della vita e l'inizio del per sempre. L'uomo, dopo la morte abiterà solo nei ricordi delle persone che l'hanno amato, ma dopo la loro fine tutto sarà perduto per sempre.

La vita non lascia tracce, la bellezza dell'esistenza è sfondo alla terrificante presenza del dimenticatoio. L'illusione del credere che una fine non esista viene smascherata dalla consapevolezza. L'inizio della vita è il punto di partenza per arrivare alla fine.

L'oblio della nostra esistenza nei ricordi altrui si sconfigge in vita, con l'estremizzazione del comportamento: la scelta del male, la scelta del bene.

PAOLA          


Fernando Battista - Caduta
Caduta, 1990
olio su tela, 100 x 70 cm



Fernando Battista - Cavallo in corsa
Cavallo in corsa, 1991
olio su tela, 200 x 144 cm



Il cavallo è spaventato. Sta cadendo. Angoscia e confusione: le ferite sono su tutto il corpo.

L’animale è preoccupato, fuori controllo. Il cavallo è nero: sull’erba, accanto a lui, c’è una grande macchia di sangue. E c’è il suo dolore. Si dispera cercando la salvezza. Cercando la felicità.

Anche noi corriamo. Anche noi cadiamo. Tutti cadono almeno una volta nella vita. Senza che ce ne rendiamo conto, stiamo precipitando in un baratro, stiamo perdendo il controllo di noi stessi.

Smettiamo di nuotare nell’illusione che il dolore sia momentaneo. Bisognerebbe avere più consapevolezza. Accettiamo che oltre al bene esiste anche il male. Esiste anche il dolore.

Dopo essere caduti bisogna rialzarsi, con la forza di chi è immune dall’illusione e accetta la realtà in tutte le sue sfumature.

FEDERICA          


Rassegnazione e dolore, un senso di oppressione. Lo sguardo è puntato verso terra, gli occhi sono stanchi e malinconici. I segni delle occhiaie, le sopracciglia corrucciate, la bocca semiaperta e il capo inclinato.

Una mano abbandonata a se stessa, ciondolante. L'altra appoggiata al petto, per proteggersi. Avvolta dall’oscurità sullo sfondo è sola e immersa nei suoi pensieri, quasi sprofondata in essi. C’è qualcosa che la opprime e da cui non riesce a liberarsi. È sola, in compagnia neppure di se stessa. Appare stanca, arresa al suo destino, completamente smarrita. Sul suo volto, un’inquietudine sembra trascinarla in un altro mondo.

Un orologio gettato a terra spunta nascosto dietro il suo vestito. Manca la lancetta delle ore perché la donna è del tutto indifferente allo scorrere del tempo. Il tempo per lei non ha più alcun valore perché ogni minuto è uguale all’altro e ogni minuto è sofferenza.

È una donna senza prospettive, senza speranze e ormai rassegnata al fatto di non avere il futuro che desidera. Sembra che abbia un rimpianto e che abbia capito troppo tardi qualcosa cui non aveva mai creduto prima. Forse qualcosa che non la fa sentire libera? Qualcosa che la rende uguale agli
uccelli rinchiusi nella gabbia sopra di lei?

Gli uccelli sono però costretti a restare fermi e rinchiusi, ma se potessero spiccherebbero il volo. La donna, invece, potrebbe scappare via e andare lontano, ma non lo fa ed è lì ferma. Chissà qual è la sua gabbia? Cosa le impedisce di guardare oltre e sentirsi libera?

Gli uccelli ci guardano da quella prigione; hanno lo sguardo puntato su noi spettatori per invitarci a liberarli, anzi quasi in attesa di essere liberati. La donna al contrario non è in attesa di qualcuno che la liberi né pare intenzionata a provarci da sola. È ormai abituata e rassegnata alla gabbia in cui è rinchiusa. Non si sente libera nemmeno di sognare. Forse la sua vita è stata già scritta prima che lei potesse viverla.

Ha ormai perso di vista ciò che può renderla felice. Si appoggia forse ai ricordi e alla nostalgia, divenuta un sostituto narcotico della realtà.
Niente e nessuno riuscirebbe a farle cambiare umore. Quella donna rimarrebbe immobile, senza spostare lo sguardo o battere un ciglio anche se arrivasse un tornado a travolgerla.

La sua disperazione è racchiusa tutta in quel balcone. Potrebbe scrivere fiumi e fiumi di parole su ciò che pensa e sui sentimenti che la devastano, ma appena si alzerà da quella sedia sarà come tutto svanito. Sarà come se nulla fosse successo. Vivrà la giornata successiva ignorando tutta la
malinconia della sera prima, consapevole di non essere riuscita a cambiare nulla di quella vita che le scivola dalle mani.

Così, quella serata trascorsa al fresco del suo balcone sarà come tutte le altre, non sarà l’inizio di una nuova vita. Anche gli uccelli sopra di lei rimarranno lì, ma con gli occhi sgranati a sognare la libertà.

SILVIA          


Fernando Battista - Studio per l'uccello aveva ragione
Studio per L'uccello aveva ragione, 1993
olio su tela, 47 x 43 cm



Fernando Battista - Una finestra sulla strage
Una finestra sulla strage, 1973
olio su tela, 210 x 190 cm

 
L’uomo che cade è consapevole del suo destino ma ne è ugualmente spaventato. I suoi amici fanno il gesto spontaneo di tendere la mano per salvarlo ma i loro volti testimoniano indifferenza.

L’approssimazione nella raffigurazione dei personaggi sottolinea l’indifferenza di quest’ultimi e lascia pensare che per loro una vita in più o in meno non faccia la differenza.

L’uomo che cade sembra voler aggrapparsi al braccio dell’amico con tutto se stesso ma il destino lo trascina in basso.

È ormai prossimo alla morte eppure sembra trascinare con sé una scia di speranza, i ricordi e la paura. Tutta la sua paura è in quei colori che ruotano attorno a lui.

L'uomo che cade sembra non essere importante. L'uomo che cade è solo un’impressione?

LUIGI          


I colori sono molto scuri e opachi. Angoscia e panico La testa in un cappuccio, un volto, persino le mani sembrano spaventate.

L’aspetto di una fiera con i denti di fuori che sorride: l’ansia e la paura.

Un braccio al posto di una zampa. Afferra l’uomo spaventato come se la bestia lo volesse portare con sé. Il pensiero che tutto possa finire così presto.

Un teschio. La morte. La cupezza del poeta rappresentata da uno sfondo totalmente nero.

L’uomo è chiaro. La morte è scura. Il cane invece è una
via di mezzo tra la luce e l’oscurità. Il passaggio dalla vita alla morte.

ANDREA          



Fernando Battista - Caduta
Caduta, 1990
olio su tela, 100 x 70 cm



Fernando Battista - Il volo
Il volo, 1999
olio su tela, 100 x 80 cm


Colori accesi: adrenalina e felicità nell'abbandonare il proprio nido e andare verso la libertà.

La felicità è gialla, giallo il nuovo mondo che ci aspetta, la strada da percorrere per costruire il futuro, la nostra vita.

Il guscio che si rompe e va in frantumi, il guscio che ci teneva imprigionati e non ci permetteva di uscire e mostrarci come siamo davvero: Forse è proprio così che inizia la vita vera: un guscio che si rompe e che ci lascia liberi.

Emozioni, pensieri e la nostra personalità sono ora finalmente liberi.

A volte, il guscio non si rompe o non si rompe subito per la paura di essere giudicati, di essere diversi dagli altri, di prendere strade diverse dagli altri. Senza sapere che tutte le strade sono diverse. Ognuna va per una direzione diversa, in un tempo diverso, è percorsa con una velocità diversa.

Il verde è il colore del giudizio degli altri, del disgusto, del disprezzo.

E poi, nel nero e nel blu paure, insicurezze e vergogna prendono spazio proporzionalmente al tempo che impieghiamo per rompere il guscio che ci tiene chiusi nell’oscurità.

Mai senza libertà! Non c’è sensazione migliore del sentirsi liberi, è uno dei valori più importanti nella vita: non ci sono limiti, ci completa e riempie gli spazi vuoti che prima la paura occupava. Spesso mostrarsi agli altri ci intimorisce, ma dobbiamo mettere noi al primo posto perché la cosa più importante che abbiamo: noi stessi.

Dobbiamo essere coraggiosi e spiccare il volo. La vita non può essere vissuta nel terrore, nel buio, nelle paure del guscio.

Prendiamo il volo!

EMMA          



Un ragazzo, con il giornale dietro la schiena, guarda le locandine sul muro. Alcune sono stropicciate: chi le avrà strappate?

Vivere quell’epoca? Combattere contro l’ingiustizia?

C'è tensione nell'aria, paura e tanta rabbia.

Chissà che cosa sta pensando il ragazzo: paura, rabbia?

Forse sta cercando dentro di sè il coraggio per fare qualcosa che non ha ancora messo a fuoco?

Non si sa, forse, senza motivo, è affascinato dai disegni, dai colori...

LUDOVICA          


Fernando Battista - Giornale murale
Giornale murale, 1975
tecnica mista su compensatoa, 151 x 98 cm

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