Grazie a Carmen D'Antonino e a Gennaro Petrecca per la splendida accoglienza e l'interessantissima introduzione alla mostra
FERNANDO BATTISTA
Nato a Isernia nel 1941, compie gli studi artistici all'Accademia di
Belle Arti di Napoli, Espone già, giovanissimo, nel 1956, a Roma
Nel 1962 si trasferisce in Puglia per insegnare all'Istituto d'Arte di
Corato. Nel 1964, partecipa alla Biennale d'Arte di Bari. Nel 1967,
torna a Iserna per insegnare all'Istituto d'Arte. Rimane nella sua
città fino al 1970. quando viene chiamato a insegnare al Liceo
Artistico di Cassino.
Nel 1972 tiene una personale alla galleria "Il Fante di Fiori" di Bari.
Nel 1975 è invitato alla X Quadriennale d'arte di Roma.
È di questo periodo la conoscenza e la frequentazione di Renato
Guttuso.
Nel 1977 partecipa al VI Premio Nazionale Accademia Pontano di Napoli e
nel 1983 dipinge il ciclo autobiografico "L'uccello aveva ragione".
Partecipa all'Expo Arte Bari.
Del 1989 è la personale alla galleria "Emilarte" di firenze e nel 1990 presso la galleria "Arte '90" di Isernia.
Tra il 1991 e il 1994
si segnalano personali alla galleria "Renzo Spagnoli" di Firenze e
presso la sede universitaria di Isernia.
È di questo
periodo un mutamento dello stile: Battista diventa informale e
astratto, quasi ermetico nella definizione delle forme.
L'ultima personale
è del 2016: si intitola "Lo sguardo altrove" ed è
allestita presso lo spazio Pentacromo di Cassino.
Muore nel 2018. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.
(dal catalogo della mostra)
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm
Manca la lancetta delle ore o quella dei minuti? Il tempo è indefinito, messo in pausa dal quadro.
Lo sguardo è
assente, il corpo esanime, la pelle bianca e il volto asciutto.
È sola, poiché ha perduto anche sé stessa.
L’inquietudine che prova per il suo destino è talmente
profonda da essere tutt'uno con la sua persona: è lei che si
trasforma nell’inquietudine.
È una donna abbandonata a se stessa o una donna che abbandona se stessa?
Non è più
capace di sognare perché il sogno è per lei un incubo e
l’incubo la realtà. È stanca di lottare: macabri
sono i magri lineamenti, rinchiusa è la sua libertà. Un
messaggio lasciato… sarà ciò che resta di
un’amara delusione?
Su che cosa
l’uccello aveva ragione? Un essere in grado di abbandonare le
disgrazie degli uomini, avrà avuto ragione a spiccare il volo?
Ma lei non possiede più le ali per volare. La sua libertà
è rinchiusa in una gabbia macchiata dal sangue e dalle
sofferenze. Le catene provocano rabbia, che a sua volta diventa
tristezza, per poi essere quella disperazione che può condurre
soltanto alla follia.
Cosa succederà
dopo? Ci sarà la morte? Tutto ciò che la separa dal
fondersi con l’oscurità è una ringhiera. La
barriera però sbiadisce e ciò che tiene la donna
vincolata a una vita non voluta si scioglie pian piano. E non importa:
il tempo è congelato e l’inquietudine si è
rassegnata, lasciando spazio alla tranquillità di una semplice
serata trascorsa fuori, sul balcone.
ISABEL
È il 12 gennaio 1979, la donna si trova da sola sul suo
terrazzino, è malata ed ha le ore contate. Il tempo scorre
lentamente; i minuti sembrano ore, le ore giorni.
La
libertà è la possibilità di agire in modo
autonomo, senza subire costrizioni: vivere senza libertà
è come morire. I tre uccelli nella gabbia sono la
“privazione della libertà”: non c'è nessuno
che può sentirsi più libero di chi può volare, di
chi può muoversi negli spazi infiniti. Un uccello chiuso in
un’uccelliera è un essere che non ha più vita.
Il
blu scuro e il nero, predominanti, sono la solitudine e le insidie
della vita. La solitudine è molto spesso motivo di tristezza o
angoscia: si sperimenta a ogni età, da bambini come anche da
anziani. Già Aristotele sosteneva che l'uomo fosse “un
animale sociale” e che quindi potesse realizzarsi e raggiungere
la felicità solo rapportandosi con altri individui; per questo,
quando vengono a mancare i rapporti sociali ci si sente ancora
più tristi.
Conoscere
la solitudine e, addirittura, imparare a convivere con essa è
fondamentale nella vita di ogni singolo individuo. Non c’è
vita senza solitudine: “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un
milione di scale / e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni
gradino.”, solo per fare un esempio...
Il
nero è la consapevolezza di una vita senza un futuro e piena
d’angoscia. Una vita che però viene rallegrata da
qualcuno, o qualcosa; il bianco splendente degli occhi degli uccelli.
La pelle bianca della donna, le mani consumate e il volto pallido e
scarno trasmettono la sofferenza provata. Ha indosso una coperta viola:
sono i problemi che la affliggono, che la avvolgono e che man mano sta
cercando di esternare ed allontanare.
Nei
suoi occhi si legge il tormento, la confusione; si percepisce che
è stanca di vivere una vita fatta solo di dolore. La ringhiera
del balcone sulla destra va man mano scomparendo, come se qualcuno le
stesse aprendo le porte a un altro mondo, un mondo forse migliore.
Lì
il verde acqua predomina. Le labbra rosse sono in contrasto con tutti
gli altri colori e, in un certo senso, ci tengono a conservare la
femminilità e la forza della protagonista del dipinto; senza di
esse probabilmente la donna sembrerebbe morta, spenta. La bocca fa
comprendere che lei, pur essendo consapevole del suo amaro e triste
destino, ha ancora forza per combattere, per continuare a vivere e per
tornare ad essere libera.
FRANCESCA
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm
L'edicola, 1973
tecnica mista su compensato, 151 x 98 cm
Un uomo legge il giornale, forse cerca una notizia che lo interessa, qualcosa di specifico.
Accanto a lui un amico che fuma. Anche lui porge uno sguardo al giornale ma è meno interessato.
Il fumo della sigaretta riempie l'edicola, si mescola all'aria:
diventano un'unica sostanza. I colori dei giornali e delle riviste fa
venir voglia di entrare e di acquistare qualcosa, di tornare a leggere
sulla carta, di abbandonare il mondo attuale, tecnologico.
I
giornali riportano la cronaca e la politica dell’epoca: il golpe
del 1923, la lotta partigiana, la lotta contro il fascismo e la
vittoria...
Chissà
cosa cercano quei due? Informazioni, persone scomparse, notizie sulla
guerra. O, forse, sfogliano distrattamente le pagine senza alcun
obiettivo. L'uomo con in mano il giornale, tuttavia, è confuso,
turbato. Lo si vede dagli occhi. C'è un tormento di sottofondo
difficile da spiegare.
MARIATERESA
I colori sono scuri, opachi: oscurità e mistero.
Il nero in contrasto con il rosso. Forse è accaduto qualcosa nel cuore della notte.
Una nave nel mare agitato. E, poi, una linea rossa che attraversa una
zona rialzata e frastagliata: lo scoglio verso cui si dirige la nave e
il rosso che segnala il pericolo nascosto dal buio.
La sicurezza e il conforto è in quelle macchie bianche che rompono l'oscurità della notte.
A sinistra, il nero che è mistero, la sospensione delle cose oscure.
SIMONE
Senza titolo, 1991
tecnica mista su supporti diversi, 44 x 61 cm
Barocco riflesso, 1989
Olio su tela, 132 x 99 cm
Si volge verso di noi, i suoi occhi sbiaditi, le sue emozioni spente,
offuscate nel volto che grida terrore. Il buio intorno fa da margine
alla solitudine, dalla quale trova una via di fuga afferrando le spalle
di un'altra donna.
Un
fascio di luce illumina i due corpi che, come cera, vanno a fondersi in
un tutt’uno. Un velo scende su di loro e, mosso dal vento, inizia
a ondeggiare sui capelli raccolti.
Al
di fuori di quella finestra appare tutto così strano: migliaia
di individui in fila, in un loop eterno, racchiuso nella monotonia
della vita.
Eppure
le due donne non desideravano altro che uscire da quella stanza. Ma non
potevano; ormai avevano affidato il loro destino nelle mani del tempo,
lasciando che la polvere attorno a loro creasse una nuvola dalla quale
non venirne più fuori.
Avevano
smesso di vivere e, così come si fa con dei vecchi quadri, erano
state coperte da un panno velato, nella speranza che un giorno qualcuno
tornasse a esporle nella teca illuminata di un museo.
MARILISA
Nello sguardo dei gatti c’è la diffidenza. Anche sulla tela. E, poi, angoscia.
I
gatti si muovono lungo una strada oscura. Accanto, la spazzatura: le
cose brutte che si incontrano e attraversano su ogni strada.
I
gatti sembrano essere indifferenti alla sporcizia che producono gli
uomini. Sembrano protagonisti di una vita misera e senza valore,
indifferenti a tutto ma circondati dal male.
Per
noi non è così: possiamo ignorare il male ma non
evitarlo, possiamo fingere che non esista ma ne saremo condizionati.
Eppure, come i gatti, non facciamo niente per ripulire la strada, indifferenti alla bellezza e alla nostra stessa vita.
ANDREA
Gatti nella notte, 1987
Olio su tela, 197 x 197 cm
L'uccello aveva ragione, 1983
olio su tela, 184 x 126 cm
Che solitudine!
Una donna è accasciata su una sedia a dondolo ed è immersa nei suoi pensieri.
Che tristezza in quello sguardo! Paura dell'abbandono? Paura di
rimanere soli? Paura di non riuscire ad avere un legame affettivo?
Sento il disagio di questa donna... la sua preoccupazione.
Gli uccelli in una gabbia possono solo immaginare la libertà, un sogno nel cassetto che non potrà mai avverarsi.
Senza famiglia una donna soffre, è addolorata. La sua vita è cupa, triste, piena di ansie.
Avverto la tristezza del suo animo. Il suo sguardo è perso, confuso. Sarà stanca di lottare?
Il pensiero di essere una nullità predomina nella sua mente e il
sapore di una sconfitta interiore rende la sua vita ancora più
inquieta.
Il tempo passa: la sveglia e il calendario sanno di desolazione.
Il rosso e il bianco nel blu e nell'azzurro: forse la speranza di un'emozione, una gioia che attenui le continue disgrazie.
ILENIA
La morte uccide l'anima e l'anima si disgrega cadendo nell'oblio. La memoria scompare dando posto al nulla, al vuoto.
L'uomo si dispera nel cercare la luce, per liberarsi dalla disperazione, per fuggire dalla fine della sua gloria.
L'insieme
infinito della disgregazione delle molecole delle anime risucchia la
vitalità e fa annegare i ricordi nel mare più spietato,
la fine. L'oblio è la fine della vita e l'inizio del per sempre.
L'uomo, dopo la morte abiterà solo nei ricordi delle persone che
l'hanno amato, ma dopo la loro fine tutto sarà perduto per
sempre.
La
vita non lascia tracce, la bellezza dell'esistenza è sfondo alla
terrificante presenza del dimenticatoio. L'illusione del credere che
una fine non esista viene smascherata dalla consapevolezza. L'inizio
della vita è il punto di partenza per arrivare alla fine.
L'oblio
della nostra esistenza nei ricordi altrui si sconfigge in vita, con
l'estremizzazione del comportamento: la scelta del male, la scelta del
bene.
PAOLA
Caduta, 1990
olio su tela, 100 x 70 cm
Cavallo in corsa, 1991
olio su tela, 200 x 144 cm
Il cavallo è spaventato. Sta cadendo. Angoscia e confusione: le ferite sono su tutto il corpo.
L’animale
è preoccupato, fuori controllo. Il cavallo è nero:
sull’erba, accanto a lui, c’è una grande macchia di
sangue. E c’è il suo dolore. Si dispera cercando la
salvezza. Cercando la felicità.
Anche
noi corriamo. Anche noi cadiamo. Tutti cadono almeno una volta nella
vita. Senza che ce ne rendiamo conto, stiamo precipitando in un
baratro, stiamo perdendo il controllo di noi stessi.
Smettiamo
di nuotare nell’illusione che il dolore sia momentaneo.
Bisognerebbe avere più consapevolezza. Accettiamo che oltre al
bene esiste anche il male. Esiste anche il dolore.
Dopo
essere caduti bisogna rialzarsi, con la forza di chi è immune
dall’illusione e accetta la realtà in tutte le sue
sfumature.
FEDERICA
Rassegnazione e dolore, un senso di oppressione. Lo sguardo è
puntato verso terra, gli occhi sono stanchi e malinconici. I segni
delle occhiaie, le sopracciglia corrucciate, la bocca semiaperta e il
capo inclinato.
Una
mano abbandonata a se stessa, ciondolante. L'altra appoggiata al petto,
per proteggersi. Avvolta dall’oscurità sullo sfondo
è sola e immersa nei suoi pensieri, quasi sprofondata in essi.
C’è qualcosa che la opprime e da cui non riesce a
liberarsi. È sola, in compagnia neppure di se stessa. Appare
stanca, arresa al suo destino, completamente smarrita. Sul suo volto,
un’inquietudine sembra trascinarla in un altro mondo.
Un
orologio gettato a terra spunta nascosto dietro il suo vestito. Manca
la lancetta delle ore perché la donna è del tutto
indifferente allo scorrere del tempo. Il tempo per lei non ha
più alcun valore perché ogni minuto è uguale
all’altro e ogni minuto è sofferenza.
È
una donna senza prospettive, senza speranze e ormai rassegnata al fatto
di non avere il futuro che desidera. Sembra che abbia un rimpianto e
che abbia capito troppo tardi qualcosa cui non aveva mai creduto prima.
Forse qualcosa che non la fa sentire libera? Qualcosa che la rende
uguale agli
uccelli rinchiusi nella gabbia sopra di lei?
Gli
uccelli sono però costretti a restare fermi e rinchiusi, ma se
potessero spiccherebbero il volo. La donna, invece, potrebbe scappare
via e andare lontano, ma non lo fa ed è lì ferma.
Chissà qual è la sua gabbia? Cosa le impedisce di
guardare oltre e sentirsi libera?
Gli
uccelli ci guardano da quella prigione; hanno lo sguardo puntato su noi
spettatori per invitarci a liberarli, anzi quasi in attesa di essere
liberati. La donna al contrario non è in attesa di qualcuno che
la liberi né pare intenzionata a provarci da sola. È
ormai abituata e rassegnata alla gabbia in cui è rinchiusa. Non
si sente libera nemmeno di sognare. Forse la sua vita è stata
già scritta prima che lei potesse viverla.
Ha
ormai perso di vista ciò che può renderla felice. Si
appoggia forse ai ricordi e alla nostalgia, divenuta un sostituto
narcotico della realtà.
Niente e
nessuno riuscirebbe a farle cambiare umore. Quella donna rimarrebbe
immobile, senza spostare lo sguardo o battere un ciglio anche se
arrivasse un tornado a travolgerla.
La
sua disperazione è racchiusa tutta in quel balcone. Potrebbe
scrivere fiumi e fiumi di parole su ciò che pensa e sui
sentimenti che la devastano, ma appena si alzerà da quella sedia
sarà come tutto svanito. Sarà come se nulla fosse
successo. Vivrà la giornata successiva ignorando tutta la
malinconia della sera prima, consapevole di non essere riuscita a cambiare nulla di quella vita che le scivola dalle mani.
Così,
quella serata trascorsa al fresco del suo balcone sarà come
tutte le altre, non sarà l’inizio di una nuova vita. Anche
gli uccelli sopra di lei rimarranno lì, ma con gli occhi
sgranati a sognare la libertà.
SILVIA
Studio per L'uccello aveva ragione, 1993
olio su tela, 47 x 43 cm
Una finestra sulla strage, 1973
olio su tela, 210 x 190 cm
L’uomo
che cade è consapevole del suo destino ma ne è ugualmente
spaventato. I suoi amici fanno il gesto spontaneo di tendere la mano
per salvarlo ma i loro volti testimoniano indifferenza.
L’approssimazione
nella raffigurazione dei personaggi sottolinea l’indifferenza di
quest’ultimi e lascia pensare che per loro una vita in più
o in meno non faccia la differenza.
L’uomo
che cade sembra voler aggrapparsi al braccio dell’amico con tutto
se stesso ma il destino lo trascina in basso.
È ormai
prossimo alla morte eppure sembra trascinare con sé una scia di
speranza, i ricordi e la paura. Tutta la sua paura è in quei
colori che ruotano attorno a lui.
L'uomo che cade sembra non essere importante. L'uomo che cade è solo un’impressione?
LUIGI
I colori sono molto scuri e opachi. Angoscia e panico La testa in un cappuccio, un volto, persino le mani sembrano spaventate.
L’aspetto di una fiera con i denti di fuori che sorride: l’ansia e la paura.
Un
braccio al posto di una zampa. Afferra l’uomo spaventato come se
la bestia lo volesse portare con sé. Il pensiero che tutto possa
finire così presto.
Un teschio. La morte. La cupezza del poeta rappresentata da uno sfondo totalmente nero.
L’uomo è chiaro. La morte è scura. Il cane invece è una via di mezzo tra la luce e l’oscurità. Il passaggio dalla vita alla morte.
ANDREA
Caduta, 1990
olio su tela, 100 x 70 cm
Il volo, 1999
olio su tela, 100 x 80 cm
Colori accesi: adrenalina e felicità nell'abbandonare il proprio nido e andare verso la libertà.
La
felicità è gialla, giallo il nuovo mondo che ci aspetta,
la strada da percorrere per costruire il futuro, la nostra vita.
Il
guscio che si rompe e va in frantumi, il guscio che ci teneva
imprigionati e non ci permetteva di uscire e mostrarci come siamo
davvero: Forse è proprio così che inizia la vita vera: un
guscio che si rompe e che ci lascia liberi.
Emozioni, pensieri e la nostra personalità sono ora finalmente liberi.
A
volte, il guscio non si rompe o non si rompe subito per la paura di
essere giudicati, di essere diversi dagli altri, di prendere strade
diverse dagli altri. Senza sapere che tutte le strade sono diverse.
Ognuna va per una direzione diversa, in un tempo diverso, è
percorsa con una velocità diversa.
Il verde è il colore del giudizio degli altri, del disgusto, del disprezzo.
E
poi, nel nero e nel blu paure, insicurezze e vergogna prendono spazio
proporzionalmente al tempo che impieghiamo per rompere il guscio che ci
tiene chiusi nell’oscurità.
Mai
senza libertà! Non c’è sensazione migliore del
sentirsi liberi, è uno dei valori più importanti nella
vita: non ci sono limiti, ci completa e riempie gli spazi vuoti che
prima la paura occupava. Spesso mostrarsi agli altri ci intimorisce, ma
dobbiamo mettere noi al primo posto perché la cosa più
importante che abbiamo: noi stessi.
Dobbiamo
essere coraggiosi e spiccare il volo. La vita non può essere
vissuta nel terrore, nel buio, nelle paure del guscio.
Prendiamo il volo!
EMMA
Un ragazzo, con il giornale dietro la schiena, guarda le locandine sul
muro. Alcune sono stropicciate: chi le avrà strappate?
Vivere quell’epoca? Combattere contro l’ingiustizia?
C'è tensione nell'aria, paura e tanta rabbia.
Chissà che cosa sta pensando il ragazzo: paura, rabbia?
Forse sta cercando dentro di sè il coraggio per fare qualcosa che non ha ancora messo a fuoco?
Non si sa, forse, senza motivo, è affascinato dai disegni, dai colori...
LUDOVICA
Giornale murale, 1975
tecnica mista su compensatoa, 151 x 98 cm