12 novembre 2003

Vita amministrativa

 

 

Lettere anonime
 

 

Pioggia di lettere anonime, tremano i sessanesi
 
Sesso, raccomandazioni e altro squallore turbano il sonno di consiglieri e cittadini del centro altomolisano
di GIOVANNI PETTA

PER ESSERE in tema non bisognerebbe firmare questo articolo. Ma per dare il buon esempio bisogna farlo. E allora apponiamo il nome e poi partiamo con i fatti. A Sessano del Molise è di moda la lettera anonima. Epistole che si incrociano, andata e ritorno, sul giornale locale.

Questioni di corna e di politica, di tresche, di posti di lavoro promessi e ottenuti, di posti di lavoro ottenuti e invidiati. «Vergognati perché hai fatto questo...», «Tu, invece nasconditi perché nella tua famiglia c’è quest’altro...». Una serie di beceri e insulsi scritti, nemmeno immaginabili in una società occidentale del nuovo millennio, edulcorati un po’ dal responsabile del foglio di informazione che li pubblica, che ha il buon senso di togliere i nomi e i riferimenti più diretti a situazioni e persone del posto. Sta di fatto, però, che le cose si capiscono lo stesso. I sessanesi sanno di cosa si parla, collegano i punti impliciti, come in un gioco della settimana enigmistica, ed esplicitano i significati che sono volgari come è sempre volgare tutto ciò che è anonimo.

Il fenomeno sessanese è importante ed è da rilevare perché avviene in un paese che vent’anni fa esprimeva una gioventù propulsiva in termini di associazionismo e di iniziative nel campo sociale, religioso e civile, sportivo ed artistico.

Fiore all’occhiello di questa società era un gruppo di giovani, i Ragazzi Nuovi, capaci di inventare una banda musicale di ventisette elementi, tutti con meno di sedici anni, che coloravano i paesi che visitavano per circa quaranta date a stagione. E poi i guadagni spesi in viaggi culturali che aprivano la mente e facevano gruppo. Da lì, ancora, iniziative editoriali — con testate registrate e «responsabili» —, proposte teatrali che tenevano il paese unito e fortificavano l’animo di quei giovani, quasi tutti capaci di successi universitari importanti e di affermazioni professionali dignitose, nonostante le note difficoltà dell’introduzione nel mondo del lavoro.

Poi la catastrofe. La piccola attività amministrativa di politichini improvvisati, il desiderio di affermazione ad ogni costo, di prevaricazione. Tutto ciò, venuto fuori, paradossalmente, da quello che dovrebbe essere, invece, lo strumento più importante dell’affermazione della convivenza civile e della democrazia: dalle elezioni. Così, dopo le vittorie osannate, le sconfitte non digerite; poi i ricorsi legittimi ma indisponenti. E dopo i ricorsi al Tar quelli al Consiglio di Stato. E dopo la sconfitta all’ultimo grado ancora tensioni e rancori mal celati. E poi addirittura lo squallore dell’anonimato, delle accuse senza firma.
Dalla bellezza del vivere insieme all’odio più pericoloso. Paradossalmente per «colpa» della democrazia.

da IL TEMPO di mercoledì 12 novembre 2003

 

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