Pioggia di lettere anonime, tremano i sessanesi
Sesso, raccomandazioni e altro squallore turbano il sonno di
consiglieri e cittadini del centro altomolisano
di GIOVANNI PETTA
PER ESSERE in tema non bisognerebbe firmare questo
articolo. Ma per dare il buon esempio bisogna farlo. E allora apponiamo il
nome e poi partiamo con i fatti. A Sessano del Molise è di moda la lettera
anonima. Epistole che si incrociano, andata e ritorno, sul giornale
locale.
Questioni di corna e di politica, di tresche, di posti
di lavoro promessi e ottenuti, di posti di lavoro ottenuti e invidiati.
«Vergognati perché hai fatto questo...», «Tu, invece nasconditi perché
nella tua famiglia c’è quest’altro...». Una serie di beceri e insulsi
scritti, nemmeno immaginabili in una società occidentale del nuovo
millennio, edulcorati un po’ dal responsabile del foglio di informazione
che li pubblica, che ha il buon senso di togliere i nomi e i riferimenti
più diretti a situazioni e persone del posto. Sta di fatto, però, che le
cose si capiscono lo stesso. I sessanesi sanno di cosa si parla, collegano
i punti impliciti, come in un gioco della settimana enigmistica, ed
esplicitano i significati che sono volgari come è sempre volgare tutto ciò
che è anonimo.
Il fenomeno sessanese è importante ed è da rilevare
perché avviene in un paese che vent’anni fa esprimeva una gioventù
propulsiva in termini di associazionismo e di iniziative nel campo
sociale, religioso e civile, sportivo ed artistico.
Fiore all’occhiello di questa società era un gruppo di
giovani, i Ragazzi Nuovi, capaci di inventare una banda musicale di
ventisette elementi, tutti con meno di sedici anni, che coloravano i paesi
che visitavano per circa quaranta date a stagione. E poi i guadagni spesi
in viaggi culturali che aprivano la mente e facevano gruppo. Da lì,
ancora, iniziative editoriali — con testate registrate e «responsabili» —,
proposte teatrali che tenevano il paese unito e fortificavano l’animo di
quei giovani, quasi tutti capaci di successi universitari importanti e di
affermazioni professionali dignitose, nonostante le note difficoltà
dell’introduzione nel mondo del lavoro.
Poi la catastrofe. La piccola attività amministrativa di
politichini improvvisati, il desiderio di affermazione ad ogni costo, di
prevaricazione. Tutto ciò, venuto fuori, paradossalmente, da quello che
dovrebbe essere, invece, lo strumento più importante dell’affermazione
della convivenza civile e della democrazia: dalle elezioni. Così, dopo le
vittorie osannate, le sconfitte non digerite; poi i ricorsi legittimi ma
indisponenti. E dopo i ricorsi al Tar quelli al Consiglio di Stato. E dopo
la sconfitta all’ultimo grado ancora tensioni e rancori mal celati. E poi
addirittura lo squallore dell’anonimato, delle accuse senza firma.
Dalla bellezza del vivere insieme all’odio più pericoloso. Paradossalmente
per «colpa» della democrazia.
da IL TEMPO di mercoledì 12 novembre 2003