Stanca e piena di sudore. I capelli
raccolti. Una camicia e un largo pantalone da uomo. Seduta alla fermata dellautobus,
con aria sognante, sfogliava un catalogo di oggetti per la casa. Era venuta a piedi dalla
vecchia fabbrica di tessuti fuori città.
Pareva molto vecchia, ma non doveva
esserlo. Dal suo zainetto prese un piccolo portamonete, lo rovesciò e si lasciò cadere
in mano il denaro per il biglietto. Aveva solo quello. Io, come al solito, il biglietto
non lo pagai. Salimmo sullautobus e sedemmo vicini. Solo allora notai che al collo
aveva un grosso medaglione. Come una cornice in miniatura. Dentro, la foto di un ragazzo
dai capelli biondi. Mi incuriosii.
La fissai ancora per un po e
poi mi girai a guardare fuori. Non eravamo neanche a metà strada. La sentii parlare. Non
parlava con me e non capivo cosa diceva. Il suo sguardo era fisso e smarrito. Allora
pensai che qualcosa non andava. Così, mi misi a fantasticare su come poteva essere stata
la sua vita. Forse il ragazzo di quella foto era suo figlio, oppure suo fratello; oppure
semplicemente la foto di un estraneo presa da chissà quale parte. Di una cosa ero sicura:
doveva avere molti problemi.
Certo, io, ragazzetta di strada, non
avrei potuto risolverli, ma sentivo di dover fare qualcosa. Non avevo niente da darle, ma
qualcosa volevo farlo. Così, arrivati alla fermata, scendemmo e facemmo insieme tutta la
strada, fino al suo quartiere. Non è che il mio sia uno dei migliori, ma quello era
davvero il quartiere più brutto della città.