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Chiara Marchelli - Yo-bro diaries number 15

Una cyborg alla Corte dei Miracoli

Cari amici,

come può andare una settimana se la cominci chiudendoti fuori di casa? Sono le 7:15 di mattina, sei in braghe del pigiama, canotta (sexy, per carità) e maglione oversize (fa molto Marie Claire), capello imbizzarrito, riga del cuscino sulla guancia, vago ma non troppo olezzo di letto, cesta della biancheria e detersivo al seguito. Come può andare una settimana che inizia così?

 

Sarò forse stata punita per aver cyborgato tutta la settimana precedente. Io che vedo un senso in tutto. In effetti, i giorni scorsi sono stati tutti un rollio sempre uguale di azioni ripetitive: mancanza di sonno, sveglia prima dell'alba, lavoro. Hollywood chiama, e io rispondo. Mi sta arrivando moltissimo lavoro di traduzione di sottotitoli, il che non solo mi diverte da pazzi, ma mi permetterà anche di vivere in totale autonomia da orari altrui e relativa alienazione nel prossimo futuro, e non posso dire di no. È che hanno un po' esagerato, e non ho fatto altro. A parte insegnare ai ragazzi, il che è sempre uno spasso.

Le uscite che mi sono concessa sono state in St. Mark's Place, che ormai è diventato l'equivalente di Piazza San Marco qui a New York, la spesa (vi dico che ho comprato?) e due serate con gli amici. La prima a un ristorante giapponese a Soho, insieme a un amico carissimo a parlare del senso delle cose (meno male che ci abbiamo bevuto su, o forse ne abbiamo parlato perché ci abbiamo bevuto su?), la seconda alla Corte dei Miracoli. Sì, amici, sono tornata allo Speak Easy.Ricordate quel postaccio di cui vi parlai l'anno scorso, quello che apre solo a un ristretto numero di persone, sospetto, fumoso, mafioso? Quello. Manco dallo Speak Easy da circa otto mesi, ma nulla è cambiato. Vito mi ha anche abbracciata.

Allo Speak Easy si fuma ancora, si gioca a biliardo, ci si ritira nell'ufficio di Vito (se sei femmina o un amico di gioventù), ci si veste vintage o sporco, a seconda dell'occhio che guarda e del naso che fiuta. Io ero come al solito la meno tipica, ma ormai ci ho fatto il callo e faccio parte del folklore.

Nello specifico, questo sabato la mia attenzione è stata attirata da una coppia lesbica che ha volteggiato sulla pista ai travolgenti ritmi sudamericani di un dee-jay che ha evidentemente sbagliato mestiere. Una sorta di masturbazione musicale del professionista in questione. Grado di noia: elevatissimo. Ma come dirglielo. Ha avuto solo un attimo di lucidità piazzando sul piatto un "Rock the Casbah" d'annata, ma poi si è disipnotizzato ed è tornato a spadellarci salsa e merengue.

La coppia in questione constava di un elemento femminile a forma di uovo, capello lungo, camicia bianca, gonna con lo spacco, stivale aggressivo, e di un elemento semi-maschile anch'esso a forma di uovo, capello corto, maglietta rossa, mani sui fianchi (della sua compagna, quando non si produceva in smancerie più spinte), allure da camionista. Le due innamorate hanno ballato agitando due sederi di una certa importanza e ignorando il vuoto intorno a loro (grazie al dee-jay) per una buona mezz'ora, con me che le guardavo estasiata, e poi una di qua e l'altra di là. È successo qualcosa che mi è sfuggito? Hanno consumato mentre bevevo un sorso di birra? Si sono usate e gettate così velocemente che l'occhio umano non ha registrato l'azione? D'altronde siamo a New York.

Dopo tre ore di osservazione della Corte dei Miracoli, me ne vado, torno a casa a provare a mettere insieme qualche ora di sonno (non ci riuscirò). Però, amici cari, il tragitto verso casa me lo godo tutto. È la parte di New York che si chiama Alphabet City, all'estremità orientale dell'East Village, che ho tagliato verso ovest. È pieno di gente, sono le due e la notte è giovane, inizia a nevicare un pochino, giusto una spruzzata, che la mattina seguente mi permetterà una passeggiata solitaria in un Washington Square Park innevato e deserto.

Stamattina l'alba era di nuovo spettacolare (ma me le merito, io, tutte queste albe?), una mia amica mi ospita per il mese di marzo, ho una moca per farmi il caffè e il frigo pieno. E chi mi ammazza a me?

Vostra come sempre,

Sugar T.


PS
Per fortuna i custodi hanno una copia di tutte le chiavi del condominio.