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Chiara Marchelli - Yo-bro diaries number 17

The Gates

Cari amici,

immaginate Central Park. Vi verrà forse in mente, se non l’avete visto in inverno, quello dei film, con le foglie di mille colori, folto, rumoroso.
Ecco, spogliatelo. Niente foglie, niente biciclette, niente carrozze, e sopra un cielo coperto, una lastra grigia che non si muove né verso il freddo né verso il sole, intorno a voi poca gente – è mattina, in settimana – e sotto i piedi tutta una distesa di terra scura, roccia, alberi nudi.
E poi aggiungeteci i Gates.

 

I Gates sono – erano, non ci sono già più – dei drappi arancione che un artista impacchettatore di nome Christo (impegnativo, come nome) e sua moglie Jeanne-Claude hanno distribuito su ogni sentiero del parco. Ovunque.

Li hanno chiamati i Gates, questi bandieroni enormi, montati su telai arancio, fatti di un materiale fabbricato apposta credo in Germania, indistruttibile, che verrà riciclato per altre opere, sistemati a distanza di 3-4 metri uno dall’altro e che, soprattutto in questo momento dell’anno, si perdono a vista d’occhio su tutta la superficie del parco. Tanto che se ti piazzi nei posti giusti, proprio perché di foglie non ce n’è e lo spazio si moltiplica, quel che vedi è una macchia zafferano che curva, scende, si agita, scompare mentre sei sotto un bandierone tu stesso, e visto che sono le 9 di mattina di un lunedì c’è pochissima gente e tira vento e davvero non senti altro che il suo sollevarsi nell’aria, sono drappi pesanti, e il tuo respiro sotto, che viene fuori diverso anche se non te ne accorgi, perché una cosa così non l’hai mai vista.

C’è silenzio, ti fermi in mezzo a un sentiero, sarà tutto il lavoro che c’è dietro (trent’anni ci sono voluti), sarà che nel frattempo qualcosa l’hai letto e sai che Christo e sua moglie hanno pagato tutto di tasca propria e i proventi ottenuti dai gadget andranno tutti in un fondo per la protezione dei parchi, o sarà che oggi sei particolarmente sensibile ai colori, ma qui sotto, qui in mezzo, ti pare di avvertire qualcosa, un’energia, poco più che un soffio, entrare e uscire dai polmoni.

I Gates li hanno smantellati lunedì. Non so perché li abbiano tenuti così poco, sono tornata un’altra volta, di pomeriggio, e me ne sono scappata via:
c’era il mondo. Hanno stimato qualcosa come trecentomila visitatori, poi non so quanti ne siano arrivati. Come fai a contarli.
Me ne sono andata perché volevo ricordarmi il silenzio, stringermi addosso alla memoria quella sensazione che ti viene su solo quando c’è posto per il superfluo e hai del gran tempo da perdere, la sensazione di essere tu, al mondo, mischiato a tutto il resto, ma tu. Esserci. Con un corpo, una mente, i desideri, gli amori, la voglia che avresti di chiamare te stesso dieci anni fa, vent’anni fa, puntare il dito e dire: avevi ragione, guarda che roba!


Sono tornata a casa e mi sono messa a scrivere.

A presto.

Sugar T.