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CUOCHI E MANIFESTI SO' SEMPRE LE STESSE SAGNE E FASCIUL' PER IL BENE COMUNE DI GENNAIO 2018 Il mese scorso è stato il mese dei manifesti pre-elettorali, per chi se li può permettere, e del cuoco che ha detto che “Campobasso è una città sfigata”. Alla Cantina Iammacone, ogni fesso che entrava salutava con una frase che aveva letto sui manifesti che hanno messo prima della campagna elettorale per le Regionali. A Ruzzone è piaciuto uno che diceva “Esserci”. Perché, secondo lui, è come a quando, dopo un pericolo o una malattia, alla Cantina ci diciamo: “L’importante è che l’ putem’ raccunta’”. Un altro diceva che “il Molise può essere migliore”. È piaciuto a Nicola Acquafresca. Che a lui piacciono le cose che non si possono contraddire. Tipo che “la polenta è bona” o “quando arriva la pensione steng’ megl’”. Oppure “Neuromed funziona e lu spedale no”. Quelli che fanno i manifesti con queste frasi a noi ci piacciono. Ci piacciono perché ci credono pure loro a quello che scrivono. Sono come ai poeti che pensano che, con una poesia, una femmina si può innamorare di loro. E, pure se sono brutti, dentro alla poesia si fanno belli e quella femmina, che magari sta con un bello giovane e non lo pensa proprio al poeta, dentro alla poesia lo vede e perde la testa. La stessa cosa facciamo noi molisani quando uno della televisione dice che facciamo schifo. Quando nessuno ci considera, noi lo sappiamo che facciamo schifo. Ma quando uno delle televisione lo dice, noi subito ci facciamo il lavaggio del cervello e diciamo a noi stessi che il Molise è bello, che qua si mangia bene, che teniamo Altilia e Pietrabbondante, che vicino al bosco di Sant’Onofrio ci sta una preta dei Romani… Insomma, non appena uno ci dice quello che siamo, noi ci droghiamo e pensiamo che il vino che facciamo è buono. Dimenticando che ammischiamo tutto dentro alla cantina. Pensiamo che sagne e fagioli sono la cosa più buona del mondo. Che le tracchiulelle si possono mangiare tutti i giorni e che se uno lo fa può anche crepare ma “ahhh, che soddisfazione…” Non pensiamo che la gente non ci sta più. Che perdiamo 1.300 abitanti all’anno. Che stiamo diventando vecchi. Che non usciamo di casa. Che votiamo a cazzo di cane. Che cerchiamo solo di vedere come sistemare i figli e, per questo, andiamo a pregare in cinese in quei pochi santuari che ancora tengono qualche contratto a sei mesi. Forse la soluzione è quella di pagare il cuoco famoso e portarlo da noi a cucinare sagne e fagioli per un anno. Così… per pazziare un poco; che il cuoco le potrebbe rivisitare con l’avocado e lime e potremmo sentire qualche romano o napoletano che fa l’elogio della sagna fatta in casa e del fagiolo di alta montagna. Sarebbe una soluzione giusto per continuare questa sagra. Una sagra di paese che va avanti da quando abbiamo abbondonato la terra e abbiamo pensato che stare dentro a un ufficio poteva essere il progresso e la civiltà. . |
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