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Il bivio di Sessano


COME A MO
PER IL BENE COMUNE DI FEBBRAIO 2018


Il mese scorso è stato il mese dei manifesti elettorali appiccicati alle lamiere di zinco della campagna elettorale. Gli operai del Comune le cacciano da dentro ai garage del municipio e le mettono in mezzo alla via. Oppure appiccicano i manifesti impaccia ai muri sgronzati dei viadotti che sono più grigi di quelle scaramasce di zinco.

Siccome ha piovuto tutto il mese, pure i colori dei manifesti si sono sbiaditi e il grigio si è appiccicato al grigio e persino Domenico Lurrione è diventato poeta. Dalla finestra della Cantina Iammacone abbiamo visto le solite facce, invecchiate nei lineamenti ma allisciate da fotosciop, che parlavano di futuro. “Il Molise torna al futuro” ha detto Iorio. “Una storia che significa futuro” ha detto Colavita. Che è giusto… perché, come dice Ruzzone, “Il Molise è una cosa che sta tutta al futuro: come alle salsicce immaginate a dicembre, quando scanni il porco”.

I giovani, invece, hanno pensato al passato. L’Ulivo 2.0 ha fatto l’assemblea dei Mille, come a Garibaldi, dimenticandosi che quando le camicie rosse arrivarono a Isernia, gli isernini li volevano far piangere senza le cipolle.

Al futuro ha pensato pure Pietracupa, che vuole acconciare le frane. Vennittelli ha parlato di sanità e la sanità è sempre stata una parola importante per il Molise: che noi basta che teniamo un infermiere all’ospedale che ci fa passare prima degli altri… e tutto va bene.

Nicola Docsa, che è l’esperto della Cantina per le elezioni, questa volta non ci ha capito una mazza perché lo hanno impicciato con le regionali ad aprile e le politiche a marzo. Poi, però, ha ripreso gli appunti degli anni passati e ha fatto la proiezione. E, in effetti, sono usciti quelli che diceva lui.

La moglie di Iammacone, che è femmina e pensa alle cose pratiche, ha detto che tutti parlano delle cose vecchie che abbiamo sbagliato o delle cose nuove che devono venire. Nessuno parla di Mo… di come dobbiamo fare da qua alla fine del mese. La commare Sabetta subito ha detto che teneva ragione: “Se uno non è capace di acconciare il tetto che ci piove, figurati se può fare una casa per la vernata prossima!”

Io, questa volta, non ho proprio parlato. Sono rimasto al tavolino a sentire tutti quanti. E alla fine sono contento perché tanto chi vince vince non è che chissà che cosa può succedere. Però, intanto, abbiamo riaffermato la nostra identità. Perché il Molise tiene le montagne ma le tengono pure gli altri; e quelle dell’Abruzzo sono più alte. Il Molise tiene il mare ma lo tengono pure gli altri; e quello delle Tremiti e del Gargano è meglio.

Però teniamo una cosa che gli altri non tengono al nostro livello: tutti gli italiani sono un po’ democristiani ma come lo siamo noi non lo è nessuno. La nostra anima democristiana non crepa manco con il DDT. Qua persino i Cinquestelle fanno i comunicati di protesta più deboli di quelli che faceva Leva contro a Iorio. Persino i Cinquestelle, per fare una denuncia, si lamentano che Maria La Posta tiene il tabacchino chiuso per comprare la carta bollata. Qua Di Maio è una scritta che sta sopra alle bustine di maionese del Meccodonald vicino al centro commerciale di Colle delle Api. Qui Grillo diventa l’esca che appiccichiamo all’amo per andare a pescare alla Zittola. Qui, nel Medioriente d’Italia, quando sentiamo dire “Di Battista” pensiamo al negozio di scarpe di Campobasso che pure Ruzzone ci è andato a comprarsele quando si è sposato il nipote.

Insomma, qua il tempo si ferma e chi tiene la mia età sa bene che il passato e il futuro sono come a Mo.
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"Chi pensa male non sbaglia. Chi pensa bene campa" (Rossano Turzo)