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CI HANNO FREGATO IL CAPOLISTA CONTE E NON CI SIAMO PIÙ PRESENTATI PER IL BENE COMUNE DI GIUGNO-LUGLIO 2018 Il 10 giugno è passato e pure noi teniamo il sindaco. Però ci è rimasta una delusione grossa come al bacino del Liscione e come al bacino della sorella di Mario Conca: potevamo vincere noi. Tenevamo tutto bello e pronto ma la sera del 7 maggio, quando mancavano poche ore alla presentazione della lista, il nostro candidato sindaco Peppino Conte si è tirato indietro. Ha fatto come a quando Nicola Tirasciusch, che sta sempre in panchina, l’allenatore gli dice che deve cominciare a fare riscaldamento che dopo lo fa entrare. È sparito. Siccome la lista che avevamo fatto veniva fuori dai migliori uomini della Cantina Iammacone, quella che frequentiamo noi, e dai migliori uomini del Circolo Acli, che sta proprio dirimpetto alla Cantina, per evitare appiccichi, avevamo fatto un Contratto che stava bene a tutti quanti. Il Contratto prevedeva che il Sindaco uscente si doveva stare alla casa, ché non era stato capace manco di raddrizzare i lampioni. Prevedeva che se alla domenica uno voleva andare alla messa, come fanno quelli delle Acli, ci andava e se no si stava alla Cantina senza che gli rompevano i coglioni con le solite battute. Il Contratto prevedeva che chi pigliava già la pensione se la teneva e chi ancora non la pigliava veniva aiutato da quelli del Circolo Acli che sanno inciarmare con le carte e tengono pure il patronato. Il Contratto prevedeva pure che se dentro al Circolo Acli arrivava la Tristezza, loro potevano venire alla Cantina e fare a Padrone e Sotto con noi e si pigliavano la responsabilità del loro stato di salute. Che quelli sono capaci che pigliano una pella e poi dicono che la colpa è di Iammacone. E se la Tristezza arrivava dentro alla Cantina, noi potevamo andare a deprimerci ancora di più al loro Circolo, che certe volte per risalire bisogna toccare il fondo. Nel Contratto ci stava scritto che i Neri che ci ha mandato il Prefetto, e che girano per il paese senza sapere né come e né quando, dovevano fare il corso di dialetto che l’Italiano non lo capiamo manco noi e pure se se lo imparavano comunque non serviva a capirci meglio. Poi, quelli un poco più mosci se li prendevano loro del Circolo Acli e li introducevano alla funzione come chierichetti o diaconi. Quelli un poco più svegli ce li pigliavamo noi alla Cantina e li imparavamo a fare la Passatella, che secondo Ruzzone si fa pure all’Africa e ci potevamo imparare cose nuove pure noi. Peppino Conte lo avevamo tenuto fuori da tutto questo. Lui doveva fare solo il sindaco. Non doveva fare nient’altro, anche perché viene in paese solo d’estate e non fa manco la spesa al negozio di Carminuccio Fenza e si porta tutto da casa del diavolo, che quando arriva tiene la macchina carica come a quella del marocchino che viene alla festa patronale a vendere i tubi luminosi e gli accendini cinesi. Poi lui non è proprio del paese, sta dall’altra parte del confine, anche se, bisogna dirlo, è sempre venuto alla sagra di sagne e fagioli e a vedersi il teatro che fa il prete sotto alla chiesa. Insomma, tenevamo tutto pronto ma alla fine, invece di firmare, Peppino ha detto che teneva un impegno a Roma e non si poteva più candidare. Si è pigliato il Contratto, che pure Arturo Messere ci aveva detto che andava bene, e se l’è portato per ricordo. E noi, senza candidato sindaco, non ci siamo più presentati. Noi pensavamo che Peppino, veramente, teneva qualche problema di lavoro a Roma. Invece che ha fatto? Lu strunz… È andato da Di Maio e Salvini, gli ha fatto vedere il nostro Contratto e mo ce lo ritroviamo capo del governo. . . |
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