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Rossano Turzo - Gilet giallo

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Il bivio di Sessano


IL GILET GIALLO E IL TASCHEPANE MARRONE
PER IL BENE COMUNE DI DICEMBRE 2018


Quando mi sono ripreso dalle mazzate dei mesi scorsi – poi ve le racconto, perciò non ho scritto più – sono tornato alla barracca di zinco perché quella è la mia casa e Ruzzone l’aveva tenuta bella calla calla con le ceppe e le lene che arrobba sotto alla macera di Pietro da Morrone.

Abbiamo sistemato le cose che mi riportavo da quella brutta esperienza e che tenevo dentro al taschepane marrone e subito siamo andati alla Cantina, dove Iammacone e gli altri mi stavano aspettando.

Quando siamo entrati ci hanno abbattuto le mani e si sono fatti trovare tutti con il gilet giallo che tengono sul trattore per quando si ingrippano sulla statale adriatica e, mentre aspettano il carrattrezzi, astemano a colori.

Mi hanno detto che volevano protestare perché si sono fatti i conti e hanno capito che, mo che arriva il reddito di cittadinanza, chi piglia 500 euro gliene danno altri 280 e chi piglia 800 euro gliene levano 20.

A me quelli che sfasciano non mi sono mai piaciuti. Perciò non mi piacciono i politici molisani. Hanno sfasciato una regione, dal grattacielo di Termoli al Cementificio di Venafro, e mo ci vogliono fare un’autostrada così uno fa prima a vedere le due bellezze architettoniche e salutistiche.
Quando ero giovane, agli inizi degli anni ‘70, io e Ruzzone stavamo a Torino. Ci avevano fatto fare un corso all’Inapli di Sessano e poi ci avevano mandato alla Fiat di Torino con la promessa che poi ci trasferivano a Termoli. Invece, il padre di Ruzzone non fu capace di farsi fare la raccomandazione e ci spedirono a Cassino così che, oltre alle otto ore di fatica, dovevamo farci pure due ore di pullman all’andata e due al ritorno.

Allora decidemmo di andarcene all’Argentina, perché era meglio una patana delle Pampas che una chiave inglese senz’anima di kilemuort.
Ma vi volevo dire di Torino. A quell’epoca, là, di gente che sfasciava come ai gilet gialli ce ne stava assai. Io e Ruzzone ci trovavamo spesso in mezzo alle mazzate, senza volerlo, e sentivamo cose che erano giuste, perché chi tiene meno degli altri tiene sempre ragione, ma quello sfascio che facevano non ci piaceva. Ogni tanto, però, qualche scassamento senza feriti pure ci faceva piacere perché quando uno fa finta di non capire - e mentre fa finta di non capire ti frega pure - nu cuppin’ prima o poi ce lo devi assestare.

Così, quando li ho visti tutti pronti alla battaglia, mi sono emozionato e ho preso la parola: “Guagliù, tirate fuori la vostra anima molisana. Volete fare tutt’ stu casin’ per venti euro? Volete uscire dalla Cantina con il freddo? Volete camminare per la strada con quella cosa gialla addosso che tutti vi prendono per il culo? Volete rischiare che vi ferma la polizia, vi piglia le generalità e vi levano quella poca pensione che tenete? Siete molisani o siete coglioni?”

Alle mie parole, si sono levati tutti il gilet giallo e lo hanno rimesso dentro alla borsa del trattore. Sotto tenevano il taschepane marrone con la fiaschetta pronta. Ci siamo guardati negli occhi, ci siamo abbracciati e ci siamo messi d’accordo per andare a sparare il cinghiale la matina dopo.



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"Chi pensa male non sbaglia. Chi pensa bene campa" (Rossano Turzo)