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Il trerruote di Ruzzone e la distanza della didattica PER IL BENE COMUNE DI NOVEMBRE-DICEMBRE 2020 Prima di Natale, il presidente della regione ha fatto due ordinanze. Una per i trasporti e una per la scuola. Quella dei trasporti ci ha messo in difficoltà perché Toma voleva fare le restrizioni. Ma siccome le littorine non arrivano più da quando hanno chiuso la linea Venafro-Campobasso e le corriere da Roma e da Pescara sono state sospese, abbiamo pensato che Toma volesse bloccare il trerruote di Ruzzone. Non sarebbe stata una bella cosa perché da quando la Cantina Iammacone chiude alle sei del pomeriggio, io e Ruzzone, per passare la serata, ci carichiamo una cassa di Peroni e giriamo intorno alla fafoglia del giardino comunale distanziati: lui nell’abitacolo e io a cascione. Meno male che Mario Sterzo, l’autista dell’assessore, ci ha subito spiegato che il presidente non ce l’aveva con noi ma coi cinghiali e le volpi che usano la ferrovia per andare da Carpinone a Sulmona ad accattarsi i confetti di Mario Pelino. L’ordinanza sulla scuola, invece, sembrava una disgrazia per Ruzzone. Toma voleva chiudere le scuole e quando le scuole stanno chiuse Ruzzone è costretto a faticare assai. Quando fanno la didattica a distanza Ruzzone deve fare il ripetitore per il nipote perché la fibra di internet dice si essere duecento ma duecento z’ l’ sonna. Allora Ruzzone si deve mettere vicino alla finestra della casa della maestra, vedere quello che scrive alla lavagna quella povera femmena e poi scappare alla finestra del nipote e ripetere quello che ha visto e sentito. Da marzo a giugno dell’anno scorso, il nipote è rimasto ciuccio lo stesso ma Ruzzone ha perso otto chili e il medico gli ha detto che “ha migliorato la fibbra”. Quando Toma ha detto che dovevano chiudere le scuole un’altra volta, Ruzzone gli è venuto il latte alle dinocchia perché pensava di dover rifare un’altra volta la distanza della didattica incoppa e sotto dalla casa della maestra. Invece, poi, i sindacati hanno detto che Toma sbagliava e i sindaci di Isernia, Montenero, Jelsi, Macchia, Termoli, Casacalenda, Campobasso e tanti altri se sono fregati e hanno tenuto aperte le scuole. Così Ruzzone ha potuto dire all’intervista della televisione del Molise che “meno male che i uagliuni vanno alla scola perché è importante la socializzazione” che lui la socializzazione non sa manco che è ma la sente dire da tutti quanti e allora pensa che significa che i nonni si stanno fermi - invece di fare sopra e sotto dalla casa della maestra alla casa del nipote - e socializzano alla Cantina. Ruzzone è favorevole alla didattica a distanza perché noi l’abbiamo sempre fatta. Quando dopo la guerra costruirono gli edifici scolastici, che mo stanno abbandonati perché nessuno si figlia, io e Ruzzone la facevamo tutti i giorni: i nostri amici stavano alla scola e noi a distanza, a zappare la terra. E ci imparavamo che per trovare una patana dovevi chiegare la schiena per uscirla dalla terra e per cogliere la cirascia dovevi allungare la sghina per coglierla sopra al ramo. Noi dalla scuola siamo sempre stati a distanza. Però, zappando la terra ci siamo imparati che tu puoi anche sapere che cos’è la mutolina o la “i” di muttiglio ma se, quando scrivi per far capire se la gente può uscire o deve stare rinchiusa alla casa, scrivi che bisogna fare riferimento al decreto precedente, alla norma citata, all’ordinanza di chitebbivo, non è che ti sei imparato più di noi. Sai le parole ma le usi a cazzodicane. Come se Ruzzone mettesse la cirascia sotto terra e appennesse la patana incoppa alla vetica. E, quando uno fa in questo modo, non ti magni né le cirasce e né le patane. . |
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